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·11 de outubro de 2024

Marotta: «I calciatori non possono essere lavoratori dipendenti»

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Non soltanto il presidente del Milan Paolo Scaroni. Anche il numero uno dell’Inter, Giuseppe Marotta, è intervenuto durante il Festival dello Sport per parlare di stadi e di altre questioni delicate del calcio italiano. Dall’inquadramento dei calciatori all’aiuto della politica, tanti i temi toccati dal presidente nerazzurro.

Sulla questione stadi, «l’analisi di Scaroni è perfetta. Anche io sono un testimone di questa evoluzione calcistica e ho potuto vivere il modello del mecenatismo e ora quello dell’imprenditoria vera. La proprietà di oggi è un importante fondo d’investimento e questo è un tipo di proprietà diversa dai mecenati. Oggi il calcio va in questo tipo di modello e menomale che ci sono».


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«Sullo stadio dico che bisogna lavorare su questo asset: è importante per il raggiungimento dei risultati sportivi e poi deve rendere dal punto di vista degli incassi. Lo stadio moderno non deve essere una cattedrale nel deserto dove vai a vedere una partita ogni 15 giorni, ma deve essere un posto frequentato tutti i giorni. Lo scorso anno abbiamo incassato 80 milioni di euro in questa situazione, immaginate in uno stadio moderno», ha aggiunto.

Secondo Marotta «dobbiamo considerare il calcio in Italia non solo come fenomeno sociale rivelante, ma anche come importante sistema imprenditoriale. Viene versato allo Stato più di un miliardo all’anno e quindi vogliamo essere ascoltati. Noi non siamo qui a chiedere soldi, ma un sistema legislativo che riconosca il mondo del calcio professionistico che è diverso da quello dilettantistico».

«Ci sono tre grandi temi che ci riguardano: la competitività, che viene garantita da ricavi importanti che devono essere stabili. Perché i risultati sportivi sono delle variabili, dal momento in cui tu non vai in Champions li perdi. Poi c’è lo stadio. In Europa siamo il fanalino di coda da decenni. Questo è dovuto a una burocrazia che porta a lentezza e sfiducia da parte di chi vuole investire. Lo stadio di Bergamo ha dovuto rispettare criteri della Soprintendenza che altrove non esistono», ha spiegato ancora Marotta.

«Il terzo fenomeno è la valorizzazione commerciale, che va di pari passo con l’asset stadio. Ci troviamo davanti a un sistema che non ci rispetta a livello politico. Non si può considerare un calciatore come lavoratore dipendente. Nella mia esperienza uno come Ronaldo prendeva 30 milioni netti, ma ne costava 60, io credo che un calciatore debba essere inquadrato diversamente», ha detto a proposito dello status lavorativo dei giocatori.

«I costi alti di un club non sono quelli di gestione, che io aumenterei. Io quello che richiamo è una maggiore attenzione – e qui mi rivolgo a Claudio Lotito – perché c’è una legge dello Stato come il Decreto Crescita e non capisco perché i calciatori debbano essere esenti. C’è il Decreto Dignità, legato alle scommesse, che contribuiscono alle casse dello Stato ma dipendono dai club. Parlando del contenimento dei costi quelli più alti sono rappresentati dagli stipendi, ma se abbassi troppo questi costi o sei un fenomeno o non riesci a partecipare a quella suddivisione di introiti che ti garantisce una sostenibilità di bilancio», ha concluso.

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