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Zerocinquantuno

·28 de novembro de 2024

Per essere davvero da Champions serve tempo, le fatiche del Bologna sono naturali ed è inutile cercare colpevoli

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È arrivata la quarta sconfitta in Champions League e sono ricominciati a piovere, immancabili, i soliti commenti riguardo l’inadeguatezza della rosa del Bologna. Io allora vorrei provare a ragionare su che cosa significhi realmente «costruire una squadra da Champions», dato che parte della piazza imputa alla dirigenza di non averlo fatto. I club che lottano per un piazzamento del genere sono quelli che più o meno puntano a vincere il campionato del proprio Paese. Cosa avrebbe dovuto fare Saputo? Spendere altri 150 milioni di euro tutti in una volta? Non si diventa una società di alto livello internazionale dall’oggi al domani, lo si fa con una gradualità di cui alcuni tifosi, accecati dall’entusiasmo della scorsa primavera, hanno dimenticato l’importanza. Dunque non sono stupito dall’attuale percorso dei rossoblù in Europa, non mi aspettavo niente di diverso. La Champions è arrivata all’improvviso, un anno fa l’obiettivo iniziale del Bologna era quello di lottare fino alla fine per un posto nelle coppe e nessuno si sarebbe mai aspettato un epilogo tanto positivo. Tra arrivare in Champions e competere, però, passa ancora molta strada. La squadra deve accumulare esperienza europea, ed è esattamente ciò che sta facendo. È sufficiente venire allo stadio per vedere coi propri occhi l’attuale differenza di tasso tecnico tra il Bologna e le proprie avversarie; solo con lo Shakhtar Donetsk questo gap non si è notato più di tanto, e non a caso quella è stata l’unica partita in cui Freuler e compagni non hanno perso. È inutile, quindi, cercare i colpevoli di questa situazione, meglio mettersi l’anima in pace: quella che sta vivendo adesso il BFC non è nient’altro che la più normale delle transizioni.


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Pepè Anaclerio

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Foto: Getty Images (via OneFootball)

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