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·12 de novembro de 2025
Serie A, record di 0-0: 17 partite senza reti in undici giornate. Calcio italiano sempre più difensivo

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·12 de novembro de 2025

La Serie A ha messo gli “occhiali”. Dopo undici giornate di campionato, ben diciassette partite si sono concluse sullo 0-0: un dato che non si registrava da decenni e che descrive in modo emblematico il momento del nostro calcio.
Su 110 gare totali, la percentuale di incontri senza gol ha toccato il 15,45%, un valore che riporta la memoria agli anni ’70 e ’80, quando il “catenaccio” e il “contropiede” erano la regola.
Un primato negativo che racconta molto della Serie A 2025-26: attenzione difensiva esasperata, tatticismi spinti all’estremo e mancanza di qualità offensiva.
Un confronto impietoso con gli altri campionati europei
Il paragone con le altre leghe è eloquente. Secondo i dati riportati da Il Giornale, in Bundesliga si contano soltanto 4 partite senza reti (4,44%), in Liga spagnola 4 (4,17%), in Ligue 1 5 (4,63%) e in Premier League 7 (6,36%). L’Italia, con la sua media tripla rispetto agli altri campionati, si conferma un caso unico in Europa.
È un calcio diverso, certo. Ma anche più statico, prudente e calcolato. Le partite equilibrate non mancano, ma la spettacolarità – quella che riempie stadi e memoria – sembra essersi smarrita.
Perché in Serie A si segna così poco
Le cause di questa “crisi del gol” sono molteplici e intrecciate.
Imprecisione sotto porta: gli attaccanti italiani e stranieri in Serie A faticano a concretizzare anche le occasioni più semplici.
Portieri protagonisti: il nostro campionato vanta alcuni dei migliori estremi difensori del continente, con 7 rigori parati già nelle prime undici giornate.
Poco tempo effettivo di gioco: la media di 53 minuti reali a partita è tra le più basse d’Europa.
Mancanza di dribblatori e creatività: l’abilità nel saltare l’uomo e creare superiorità numerica, un tempo marchio di fabbrica dei fantasisti italiani, oggi è quasi scomparsa.
Il risultato è un calcio ordinato ma prevedibile, in cui l’obiettivo primario resta non subire gol più che segnarne uno in più dell’avversario.
Il ritorno della prudenza: “chi subisce meno vince”
Non è un caso che allenatori come Massimiliano Allegri e Antonio Conte abbiano ribadito più volte un concetto chiave: “Il campionato lo vince chi subisce meno gol”. Un dogma che ha plasmato la mentalità di molte squadre, portandole a privilegiare l’equilibrio difensivo a discapito del rischio offensivo.
Persino i “rivoluzionari” come Gian Piero Gasperini – noto per il suo calcio aggressivo – oggi si ritrovano a guidare la classifica con appena cinque gol subiti: un dato che conferma quanto il nostro calcio sia tornato “vintage”, se non proprio retrò.
Dallo spettacolo all’efficienza: il dilemma del calcio italiano
Cinque anni fa, gli 0-0 in tutto il campionato erano stati appena 19 (5%). Oggi, in poco più di due mesi di campionato, il numero è quasi lo stesso. La Serie A, insomma, si è chiusa a riccio, perdendo parte della sua imprevedibilità.
Non è solo una questione di estetica, ma anche di appeal internazionale: un calcio meno emozionante rischia di allontanare pubblico e investitori. Serve un cambio di rotta, una nuova spinta verso il gioco offensivo e la creatività, per evitare che la Serie A resti il campionato più tattico ma anche il meno spettacolare d’Europa.









































