Calcio e Finanza
·22 de dezembro de 2025
Tether, il CEO Ardoino: «La Juve può fare molto meglio e vorremmo contribuire a un cambiamento positivo»

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·22 de dezembro de 2025

«Riteniamo che la Juventus possa fare molto meglio e vorremmo contribuire a un cambiamento positivo, anche senza necessariamente controllarla interamente». Lo ha detto il CEO di Tether Paolo Ardoino, in una intervista rilasciata al quotidiano svizzero Il Corriere del Ticino.
«Io e Giancarlo Devasini siamo grandi tifosi della Juventus, ma crediamo anche che oggi abbia un enorme potenziale inespresso: 200 milioni di fan nel mondo, molti nei mercati emergenti che noi serviamo con Tether – ha aggiunto -. Possiamo aiutare il club a interagire meglio con questi fan e portare tecnologie avanzate, al pari dei grandi big della tecnologia, dall’intelligenza artificiale all’analisi delle performance. Se qualcuno vuole vendere, secondo le regole di mercato – la Juventus è una società quotata in Borsa – noi possiamo comprare e non ritiriamo l’offerta. Riteniamo che la Juventus possa fare molto meglio e vorremmo contribuire a un cambiamento positivo, anche senza necessariamente controllarla interamente».
«Gli allarmi della Banca centrale europea sulle stablecoin? Il motivo per cui la Banca centrale europea dice questo va analizzato dal punto di vista scientifico ed economico. Tutte le banche europee, e non solo, lavorano con il sistema della riserva frazionaria: sono obbligate a detenere circa il 10% di asset liquidi e prestano il restante 90% – ha spiegato. Se io deposito in banca 100 mila euro, 90 mila possono essere dati a prestito. In Europa sono garantito fino a 100 mila euro: se deposito un milione sul conto e la banca fallisce, come cliente posso sperare di recuperare solo quella cifra. La BCE è preoccupata perché le stablecoin, e Tether in particolare, funzionano in modo diverso. Noi abbiamo circa l’80% in cash equivalent e una copertura complessiva dei depositi che arriva al 120%. Se le persone iniziano a chiedersi perché dovrebbero tenere i soldi in banca, dove in caso di fallimento recuperano solo una parte, quando possono usare uno strumento completamente collateralizzato, è chiaro che dal punto di vista delle banche centrali questo diventa un problema sistemico».
«Tether è di fatto una banca completamente collateralizzata? Sì. Con la tecnologia dei token riusciamo ad avere una copertura al 100%, anzi superiore. Oggi, su circa 186 miliardi di dollari di depositi, abbiamo oltre 140 miliardi in buoni del Tesoro americani a breve termine, circa 15 miliardi in oro fisico e il resto in altri strumenti cash equivalent, come i bitcoin. È un portafoglio estremamente più sicuro di quello di una banca tradizionale. È possibile essere una full reserve bank ed essere in grado di generare profitti: con 186 miliardi gestiti al 4% l’anno, parliamo di 7-8 miliardi di dollari di utili annui senza assumere particolari rischi. Noi non dobbiamo prestare i soldi dei clienti per mantenere la struttura, come invece fanno le banche tradizionali».
«Chi emette stablecoin gode dei privilegi di una banca senza averne gli oneri? Non è vero. Noi, contrariamente alle banche, non abbiamo il privilegio di tenere solo il 10% di riserve liquide. Le regolamentazioni per le stablecoin, come il GENIUS Act statunitense, sono molto stringenti: non possiamo fare credito, non possiamo prestare soldi a un cliente per comprarsi una macchina; non facciamo brokeraggio e non gestiamo investimenti per conto dei nostri utenti. Emettiamo, dietro copertura, un gettone digitale equivalente a un dollaro americano: quando l’utente vuole il dollaro indietro, basta che ci restituisca il gettone (il token) e noi restituiamo il dollaro. Nel 2022 – quando ci fu il crollo della stablecoin TerraLuna – siamo stati sottoposti a una vera e propria corsa agli sportelli (bank run): in 48 ore abbiamo rimborsato 7 miliardi di dollari, in 20 giorni altri 25 miliardi. Nessuna istituzione finanziaria negli ultimi 50 anni ha retto un ritiro del 25% dei propri depositi. Noi sì, perché avevamo tutte le riserve. Questo test lo abbiamo superato a pieni voti».
«Le crisi di Credit Suisse o delle banche regionali americane fallite nel marzo del 2023 dimostrano che il modello tradizionale non è privo di rischi. La nostra è un’innovazione tecnologica dirompente ed è normale che non nasca all’interno del sistema bancario: è difficile che un settore economico inventi qualcosa che distrugge il proprio modello di business. È come se i tassisti avessero inventato Uber. È inverosimile».
«Il rischio di truffe? Le truffe esistono ovunque, nel sistema finanziario tradizionale come in quello cripto. La differenza la fa la regolamentazione. Il GENIUS Act è una normativa molto aggressiva e severa. Noi operiamo da undici anni e il nostro obiettivo non è l’Europa o la Svizzera: è portare inclusione finanziaria a quattro miliardi di persone che non hanno un conto bancario, in Africa o nel Sud-est asiatico. Se metà della popolazione mondiale resta esclusa dal sistema finanziario di base, i rischi geopolitici e sociali sono enormi. Con questa tecnologia si può fare in poco tempo ciò che nessuna ONG o charity è mai riuscita a fare in decenni di aiuto allo sviluppo».
«Gli obblighi di compliance? Tether lavora con 260 agenzie di law enforcement in oltre 50 Paesi. Collaboriamo in modo proattivo con il Dipartimento di Giustizia statunitense, i servizi segreti, la polizia di Taiwan e quella ucraina. Spesso siamo noi a segnalare movimenti sospetti. Possiamo bloccare i fondi in modo chirurgico, molto più preciso di quanto facciano le banche. Se i soldi rubati da un conto bancario finiscono fuori dall’Europa, recuperarli è quasi impossibile. Noi possiamo farlo, lavorando con le autorità».
«Per questo avete scelto El Salvador come sede legale? Sì. La regolamentazione europea è, per noi, impraticabile: richiede che il 60% delle riserve sia detenuto in depositi bancari non assicurati. Mettere miliardi in banche assicurate solo fino a 100 mila euro non ha senso. La normativa americana è nata solo quest’anno ed è innovativa; quella salvadoregna è solida ed è coerente con il GENIUS Act».
«Utilizziamo titoli di Stato americani a breve termine, i più sicuri. Se anche il bitcoin dovesse arrivare a zero, avremmo comunque più riserve di quanto dobbiamo rimborsare. Abbiamo più oro che bitcoin. L’oro è fisico, non finanziario, ed è custodito in Svizzera. È controllato e revisionato trimestralmente. Inoltre, abbiamo circa 23 miliardi di utili non distribuiti reinvestiti in azienda. La struttura è estremamente solida».









































