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La Coppa del mondo per club dietro l’angolo, una elettrizzante avventura che attende la Juventus. Sfumature da evento storico: 32 squadre, formula tutta nuova, la rassegna che sfiora i contorni del colossal Hollywoodiano, lo scenario cucito su misura degli Stati Uniti d’America.

Born in the U.S.A. I was born in the U.S.A.

Il rock, i grandi classici a stelle e strisce: Bruce Springsteen e il suo inno contro la guerra in Vietman. Non c’è richiamo più forte del sogno americano, del suo lato oscuro, quella disillusione marcata, le armi e la voglia di cambiamento. L’America che urla, l’America che chiama, l’America che si scopre. Nel testo della canzone scritta da “The Boss” nel 1984 si leggono i tratti di una ribellione, di una presa di posizione tanto forte, quanto incompresa nei primi anni dall’uscita del singolo. Ci volle infatti più tempo per estrarne il significato più profondo: le tonalità illudono il senso di appartenenza, ma nascondono viceversa un grido di ripudio al concetto stesso della guerra.

È un’esperienza tutta nuova quella del Mondiale. È bello esserci e sarà magnifico assaporare le vibrazioni uniche del calcio made in USA. Stadi ultramoderni, movimento in continua espansione e la febbre del calcio come non si viveva dai mondiali di Baggio e dell’Italia fermata ai rigori dal Brasile. Washington, Philadelphia, Orlando le tappe del percorso bianconero. Sperando che possano essercene anche altre, dagli ottavi in su, provando a sfruttare la spinta della stagione appena chiusa con il 4° posto in campionato.

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A tracciare il cammino ci penseranno McKennie e Weah, i due padroni di casa. Weston è nato a Fort Lewis, nello stato di Washington (teatro della prima partita per i nostri); nell’academy del Dallas FC scopre il feeling con il pallone tra i piedi, presto si trasferisce in Germania, dove conferma le prospettive di giovane promessa del calcio. Il legame con il paese d’origine non si scalfisce e nel 2017 esordisce nella nazionale maggiore USA: vince 3 CONCACAF da risorsa preziosa, partecipa al mondiale in Qatar nel 2022 ed è titolare nella Coppa America disputata in casa nel 2024. Percorso simile per Timothy: nato a New York, muove i primi passi nel “soccer” attraverso i NY Red Bulls, cercando di seguire le orme di papà George, pallone d’oro con il Milan. Il trasferimento in Europa sancisce il talento del figlio d’arte, ma a differenza del padre (totem della selezione liberiana) giocherà in nazionale con la maglia americana. Anche per lui -come per Mckennie- ci sono i trionfi in CONCACAF e le chiamate nelle altre competizioni internazionali.

Nowhere to run, ain’t got nowhere to go

Correre e puntare a fare il massimo, per non sprecare l’occasione. L’America ama il coraggio, l’audacia, la spietata e dolce follia. È un mondiale, gli schemi sono diversi, non solo in campo. Caricando l’ambiente sul ritmo di Bruce Springsteen, varcando le soglie dell’ordinario, portando oltreoceano lo stile Juventus.

Born in the U.S.A.

Born black and white!