Ventola: «La mia carriera stroncata da un infortunio, Baldini non mi ha ancora chiesto scusa. Con Vieri non ci salutiamo» | OneFootball

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·12 de outubro de 2025

Ventola: «La mia carriera stroncata da un infortunio, Baldini non mi ha ancora chiesto scusa. Con Vieri non ci salutiamo»

Imagem do artigo:Ventola: «La mia carriera stroncata da un infortunio, Baldini non mi ha ancora chiesto scusa. Con Vieri non ci salutiamo»

Ventola: «La mia carriera stroncata da un infortunio, Baldini non mi ha ancora chiesto scusa. Con Vieri non ci salutiamo». L’intervista

L’ex attaccante Nicola Ventola, oggi apprezzato e irriverente commentatore nel trio con Adani e Cassano, ha concesso un’intervista esclusiva alla Gazzetta dello Sport.

Nel suo racconto, un’analisi a 360 gradi che spazia dalla sua carriera da calciatore al suo nuovo ruolo di opinionista di successo. Di seguito, i passaggi più interessanti.


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Dieci operazioni al ginocchio, un anno di inattività. Ventola, cos’è che ci siamo persi di lei? «Chi mi ha visto a 18 anni, da Cassano a Buffon, da Totti a Pirlo, è sempre rimasto impressionato dalla mia corsa. Partivo da dietro e arrivavo in porta dozzine di volte, come un treno. Ma una volta perse queste qualità mi sono dovuto adattare. E ho perso molto, se non tutto, della mia forza».

Nel 1998 la voleva mezza Italia. «Inter e Roma mi offrivano lo stesso ingaggio, Totti mi chiamava tutti i giorni, ma scelsi i nerazzurri per Ronaldo. Parlai pure con Milan, Juve, Monaco e con Vialli, che all’epoca era al Chelsea. Gianluca chiamò a casa, rispose mia madre, quando mi disse che c’era ‘“il signor Vialli’ al telefono risposi mandandolo a quel paese. Cavolo, era lui…».

Il primo infortunio come fu? «Tremendo. Ero all’apice, poi il crociato saltò in Empoli-Bari per un fallaccio di Daniele Baldini, che dopo 25 anni non mi ha ancora chiesto scusa. Rientrai contro l’Inter e segnai».

Con suo padre trattava i rinnovi con Matarrese. «A 18 anni non avevo un agente, papà mi diceva di non parlare e di far fare a lui. Quando il presidente disse una cifra accettai subito. Papà era incazzato nero, Matarrese rideva. Sembrava Lino Banfi».

Un flash su Ronaldo? «Siamo fratelli. Una volta andai in Brasile e all’aeroporto nessuno mi controllò il passaporto. ‘Io qui come Papa a Roma’, rispose».

Lo scudetto perso il 5 maggio è il rimpianto più grande? «Sì, insieme al non aver debuttato in Nazionale. Tutti ricordano la Lazio, ma noi lo buttammo via prima. Mentalmente avevamo vinto: ci eravamo portati le maglie, le telecamere. Ricordo le lacrime di Ronie e quelle dei tifosi all’aeroporto. Ci chiedemmo: ‘Ma perché a noi?’».

Ma è vero che il giorno dopo Gresko fu salvato dalla polizia? «Certo. Le persone l’avevano assalito».

E l’Italia, invece? «Avrei dovuto debuttare contro la Spagna, novembre 1998. Zoff me l’aveva promesso. Prima, però, ci fu Inter-Samp: guadagnai due rigori, ma al secondo cascai male e saltò il legamento. E anche il treno azzurro. L’avrei meritato».

Ma l’amicizia con Vieri le manca? Dopo il litigio che causò lo scioglimento della Bobo Tv non vi siete più parlati.«Quando si interrompe un legame di 25 anni è sempre un peccato. Quando ci incontriamo non ci salutiamo. Ma io, da uomo pacifico, dico che il tempo curerà le ferite».

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