Hellas Verona FC
·28 de novembro de 2024
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Verona - Nono appuntamento con 'Visti da vicino' il format dell’Hellas Verona che ci accompagnerà per tutta la stagione 2024/25, in cui i protagonisti sono i giovani gialloblù della formazione Primavera allenata da mister Paolo Sammarco.
Curiosità, aneddoti, vita personale e naturalmente tanto calcio sono i temi principali di queste interviste. Nell'episodio di questa settimana andremo a scoprire la vita, privata e sportiva, di uno dei punti fermi della Primavera gialloblù: Karlson Nwanege.
Karlson, quando hai iniziato a giocare a calcio e perché? “Ho iniziato a giocare ‘tardi’, avevo 10 anni. Il mio primo club è stato quello della scuola che frequentavo, a Göteborg. Quando ci hanno chiesto di scegliere due sport da praticare a scuola, tutti abbiamo indicato il calcio come preferenza. Così, un nostro insegnante, Adam Reggiani, grande appassionato di calcio, formò il team, il Götaholm. Adam divenne il nostro allenatore e, nel tempo, una figura molto importante anche per me. Ho giocato in questa squadra quasi fino al mio arrivo al Verona. Ricordo che partimmo dal campionato giovanile più basso, ma con il tempo siamo riusciti a competere contro le formazioni giovanili delle squadre professionistiche. All’inizio era molto difficile e contro le squadre più forti subivamo pesanti sconfitte. Tuttavia, crescendo, abbiamo iniziato a farci valere, arrivando fino all’ottava divisione svedese, che corrisponde più o meno all’Eccellenza in Italia.”
Sei nato in Camerun e poi sei andato in Svezia. A che età ti sei trasferito? “Sono nato in un piccolo paese del Camerun, Tiko, e mi sono trasferito in Svezia a 7 anni insieme a mia sorella Ashley. Mio padre, Hansel, viveva già in Svezia, dove era andato prima per studiare e poi per lavorare, così siamo andati a vivere con lui. Ora fa l’ingegnere, mentre mia madre, Chantal, vive ancora in Camerun. In Camerun non avevo mai giocato a calcio perché lì l’unica cosa importante è studiare e impegnarsi molto, altrimenti, si rischia di restare senza lavoro da grandi”.
Com’è stato per te trasferirti in un nuovo paese? “Inizialmente non è stato facile, però avevo la fortuna di sapere l’inglese, visto che sono nato nella parte anglofona del Camerun. Questo mi ha aiutato molto. In Svezia, mi è stata di grande aiuto la nuova moglie di mio padre, Ulrika, che è insegnante e ci ha aiutato ad imparare bene lo svedese. In sei mesi io e mia sorella parlavamo perfettamente la lingua”.
Come sei arrivato al Verona? “Quando giocavo nel Götaholm, disputavamo partite contro le academy delle squadre professionistiche svedesi. Molti osservatori ci guardavano giocare e i più bravi venivano selezionati per allenarsi con queste squadre. Anch’io ho avuto questa opportunità e, a 16 anni, sono stato scelto dal BK Häcken, che dopo tre allenamenti mi ha offerto un contratto di due anni. Tuttavia, non mi trovavo bene con il club e la squadra, quindi non stavo migliorando. Dopo un anno ho deciso di tornare al Götaholm, anche se è stata una decisione difficile perché temevo di perdere l’occasione di approdare in un’altra squadra professionistica. Dopo sei mesi, ho avuto l’opportunità di fare due provini in Italia, uno con il Verona e uno con il Genoa. Prima di venire in Italia, stavo partecipando a un importante torneo giovanile in Danimarca con la mia squadra. Siamo arrivati in finale, ma io ho dovuto lasciare il torneo dopo la semifinale per prendere l’aereo per Verona. Ricordo ancora che, mentre ero in volo, la mia squadra vinse la finale e fu un momento molto speciale per me. Quando sono arrivato a Verona, ho fatto i primi allenamenti con l’Under 18 e una partita contro la Primavera. Ricordo un duello con Rigo, in cui gli rubai la palla e andai via sulla fascia. Il mister, Lorenzo Larini, fu molto contento della mia prestazione. Successivamente, ho sostenuto un provino anche con il Genoa, dove partecipai a un torneo in cui fui nominato miglior difensore. Anche se il Genoa mi voleva, ho scelto Verona per l’ambiente, la squadra e le strutture e sono convinto di aver fatto la scelta giusta”.
Questa è la tua terza stagione al Verona. Cosa puoi dirci di questi tre anni? “Quando sono arrivato, ho iniziato subito a giocare con la Primavera, partecipando al ritiro estivo. Tuttavia, avevo ancora qualche difficoltà, quindi nella stagione 2022/23 ho giocato prevalentemente con l’Under 18. È stato un anno di ambientamento, durante il quale mi alternavo tra Primavera e Under 18. Dalla stagione successiva, invece, sono stato stabilmente aggregato alla Primavera”.
Hai mai giocato per la Nazionale svedese? “Sì. Dopo quattro mesi dal mio arrivo al Verona, sono stato convocato dall’Under 17 della Svezia. Ero davvero felice, perché era un sogno che avevo fin da piccolo e che si stava realizzando. Ho anche debuttato con la squadra, ma non ho mai avuto la sensazione che l’allenatore mi stesse dando la possibilità di dimostrare il mio valore. Comunque, gli sono grato per avermi dato quell’opportunità. Ora spero in una nuova chiamata, magari dall’Under 21. So che non è facile, ma è sicuramente un mio obiettivo. Essendo nato in Camerun, in futuro potrei anche ricevere una chiamata dalla Nazionale camerunense e, se dovesse accadere, prenderei in considerazione l’idea di accettare”.
Com’è stato il tuo periodo di ambientamento a Verona? “All’inizio è stato un po’ difficile, soprattutto per la lingua. Anche se i compagni hanno cercato da subito di farmi sentire parte del gruppo, non tutti parlavano bene inglese. Devo ringraziare molto mister Alessandro Montorio, che conosce bene l’inglese e mi ha aiutato tantissimo”.
Parlando del campionato di quest’anno, com’è stato questo inizio di stagione per te? “Siamo una squadra molto giovane rispetto all’anno scorso. È bello perché mister Sammarco dà una chance a tutti, soprattutto ai più giovani. Basta pensare a Peci, che ora gioca titolare grazie alla fiducia del mister. All’inizio della stagione abbiamo subito delle sconfitte che, secondo me, non meritavamo, perché giocavamo bene. È complicato capire cosa non vada quando succede questo, ma sappiamo che dobbiamo restare uniti e compatti, giocando come se fossimo una sola persona”.
Quest’anno hai già segnato, nella partita contro il Monza. Com’è segnare per un difensore? “La rete contro il Monza è arrivata su un calcio d’angolo di Devoti. Ho capito subito che la palla sarebbe arrivata a me e, dopo una deviazione di Scharner, mi sono trovato il pallone davanti. Pensavo solo a segnare, e fortunatamente la palla è entrata. È sempre un’emozione speciale fare gol, soprattutto per un difensore”.
Hai sempre giocato come difensore? “No, all’inizio ero un portiere. Ero molto bravo tra i pali, uno dei migliori della mia età. Dopo qualche mese, però, il mister mi provò come attaccante. Ero più forte e veloce dei miei coetanei, quindi segnavo molto. Con il tempo, ho arretrato il mio raggio d’azione: prima come centrocampista box-to-box, poi come mediano, fino a diventare difensore centrale a 15 anni.”
Quali sono i tuoi punti di forza come difensore? E in cosa devi migliorare? “Penso di avere le caratteristiche fondamentali: fisicità, altezza, velocità e forza. Probabilmente devo migliorare a livello mentale. A volte sembra che mi rilassi durante la partita e diversi allenatori me lo hanno fatto notare. Anche mister Sammarco mi dice che, se resto concentrato, posso fermare qualsiasi avversario, ma se mi distraggo, chiunque può superarmi”.
C’è qualche giocatore della Prima squadra da cui prendi ispirazione? “Direi Coppola. Mi piace molto il suo modo di difendere e la calma che mostra quando ha la palla. Non è velocissimo, ma sa sfruttare al meglio le sue qualità”.
Cosa ti piace di Verona e dell’Italia in generale? “Mi piace Verona perché è una città non troppo grande, con un bel centro facilmente raggiungibile a piedi. Rispetto a Göteborg, dove per fare qualsiasi cosa bisogna prendere l’auto, è molto più comoda. Anche il clima è migliore: qui fa freddo, ma in Svezia è molto peggio. Della cucina italiana amo la carbonara, anche se sono un grande fan del sushi”.
Hai degli hobby fuori dal calcio? Ravasio ci ha detto che sei appassionato di profumi. È vero? “Sì, assolutamente. Con Manuel andiamo spesso in centro a cercare nuovi profumi. Un altro hobby che mi sta appassionando molto è tagliare i capelli. La maggior parte dei ragazzi della Primavera si è già fatta tagliare i capelli da me, e anche alcuni della Prima squadra, come Coppola e Livramento”.
Come ti prepari prima di una partita? “Ascolto musica, principalmente Afrobeats, perché mi mette di buon umore. Mi piace molto ballare”.
Quanto è stata importante la tua famiglia nella tua crescita? “Mio padre mi ha sempre supportato, accompagnandomi alle partite e sostenendomi in ogni modo. Anche la mia matrigna mi ha aiutato tanto. Mia madre, invece, non la vedo da quando ho lasciato il Camerun a 7 anni, ma ci sentiamo ogni giorno. Anche mia sorella, che ora studia e lavora in Svezia, è stata molto importante per me”.
C’è qualcuno che vorresti ringraziare? “Ci sono tante persone a cui devo dire grazie. A partire da mister Montorio, mister Sammarco e Massimo Margiotta, che mi hanno sempre seguito e aiutato qui al Verona. Sono molto legato anche a Manuel Ravasio, che conosco da quando sono arrivato. Un ringraziamento speciale va al mio primo allenatore, Adam Reggiani, che è stato come un mentore per me e che considero parte della famiglia”.
I tuoi compagni hanno indicato Agbonifo e Philippe come i più veloci. Pensi di riuscire a fermarli? “Credo di sì. Loro sono molto veloci, ma penso di essere nella top 5 dei più rapidi della squadra”.