Gilardino: «Pronto a ripartire; con il Genoa la luce in fondo al tunnel era vicina, ma non piacevo a qualche dirigente» | OneFootball

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·4. Februar 2025

Gilardino: «Pronto a ripartire; con il Genoa la luce in fondo al tunnel era vicina, ma non piacevo a qualche dirigente»

Artikelbild:Gilardino: «Pronto a ripartire; con il Genoa la luce in fondo al tunnel era vicina, ma non piacevo a qualche dirigente»

Le parole di Alberto Gilardino, ex tecnico del Genoa, sull’esonero dai rossoblù e la voglia di trovare una nuova panchina

Alberto Gilardino è pronto a ripartire dopo l’esonero con il Genoa e intanto si racconta a la Gazzetta dello Sport. Di seguito le sue parole.

PRIMO MESE SENZA CALCIO – «Ho avuto modo e tempo di metabolizzare e di dedicarmi nel primo mese a mia moglie e le mie tre figlie. Il lavoro di allenatore ti preclude tanto nella vita privata. Gli ultimi due anni e mezzo sono stati una continua full immersion. Andavo al campo alle 7 dimattina o lo lasciavo alle 20 di sera: con il mio staff abbiamo dato tutto, lavorando minuziosamente su ogni particolare per tirare fuori il meglio dalla squadra. Durante una stagione i tecnici ogni tanto diventano un po’ orsi, l’umore della settimana cambia in base ai risultati: gioie e delusioni, tensioni e problemi… E’ una professione bellissima, ma totalizzante che richiede passione e dedizione quasi assolute: anche per questo la famiglia era rimasta in Toscana e la vedevo solo dopo le partite. Adesso mi sono un po’ riappropriato del mio privato».


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SECONDO MESE SENZA CALCIO – «Ehhhh (sorride, nda) dopo è tornata la “malattia” del calcio, che non passa mai. Ho visto partite su partite dalla serie C alla A, ma anche dei campionati esteri più importanti. Sono stato otto giorni a Londra a trovare Enzo Maresca e a vedere partite di Fa Cup e Premier di Chelsea e Arsenal. Sto anche perfezionando l’inglese, per un allenatore è fondamentale».

SOGNO PREMIER – «Non necessariamente, a dire la verità preferirei dare continuità alla mia esperienza in A adesso. L’inglese ti apre le porte di tutti i campionati, ma serve anche in Italia vista la quantità di stranieri in ogni squadra. Riuscire a comunicare, dare consigli, farsi capire bene, aumenta l’empatia e consente di far rendere al meglio i giocatori. Un tempo andare a giocare o ad allenare in un altro Paese era considerato una avventura da pionieri, oggi invece è normale e se arrivasse una proposta interessante la valuterei con attenzione».

GENOA – «Un viaggio incredibile da un punto di vista professionale e umano, ricco di soddisfazioni, di emozioni e di esperienze. L’esonero non macchia la storia, anche se mi ha lasciato grande amarezza: fa parte del nostro mestiere e anche da queste delusioni si devono trarre insegnamenti. Presi la squadra in corsa dalla Primavera e tornare in A dopo solo un anno dalla retrocessione non era scontato. Ci siamo riusciti anche grazie alla grande coesione tra club, squadra e tifosi. Ed è stato il segreto anche della salvezza con l’undicesimo posto e 49 punti: record di sempre del Genoa da neopromosso. Ma al di là dei risultati per un tecnico è importante il percorso, la crescita, il lavoro svolto per il club anche a livello di valorizzazione della rosa. Mi permette di farle un po’ di nomi?»

NOMI – «In serie B nel 2022-23 abbiamo fatto esordire dal settore giovanile Boci (un 2003) Accornero (‘04) Lipani (’05), Agostino (’02). In A nel 2023/24 è stato il turno di Fini(’06) e Papadopoulos (’04) e quest’anno nel 2024-25 Ekhator (’06), Honest (’08), Masini (’01) Kassa (’05) Accornero (’04) Marcandalli (’02) e Matturro che non era nel settore giovanile nostro ma è pur sempre un 2004. Poi c’è la valorizzazione di giocatori importanti come Dragusin, Martinez, Retegui e Gudmundsson che sono stati venduti».

SU CHI HA INFLUITO MAGGIORMENTE – «Direi Gudmundsson. Perché quando sono arrivato, non giocava quasi mai. Per lui ho cambiato l’assetto tattico, da “solo esterno” abbiamo lavorato per portarlo dentro il campo e lasciargli libertà assoluta nella tre quarti avversaria, consentendogli una crescita continua».

SI ASPETTAVA L’ESPLOSIONE DI RETEGUI – «Sinceramente sì, per due ragioni. La prima è che Mateo quando è arrivato al Genoa dall’Argentina praticamente non si è mai fermato, ha giocato ininterrottamente e a livello fisico un po’questo ha pesato, ma si vedevano tutte le qualità del bomber. La seconda è che al riposo estivo si è unita la possibilità di trovare un maestro come Gasperini che lo sta perfezionando in tutto e i risultati si vedono».

CESSIONI ESTIVE – «Certe cessioni sono inevitabili per le casse del club e non sempre è facile trovare sostituti subito pronti a non farli rimpiangere, ma noi abbiamo pagato soprattutto i tanti infortuni di giocatori su cui facevamo affidamento. In più, circolavano tante notizie destabilizzanti sulle difficoltà economiche della proprietà. Nonostante questo, non ho mai cercato alibi e con i ragazzi rimasti a disposizione abbiamo provato a tenere duro, perché era il momento di stringere i denti. Mi spiace, sinceramente, essere stato esonerato dopo una vittoria in trasferta e un pareggio, quando si stavano recuperando gli uomini e ormai si vedeva la luce in fondo al tunnel».

VIEIRA – «Non conosco Vieira personalmente. E’ stato uno straordinario giocatore e sta facendo un buon lavoro. Gli auguro di dare ai tifosi genoani tutte le soddisfazioni che meritano».

RAPPORTO INTENSO CON I TIFOSI – «Di più, è stato bellissimo. Si era creata una alchimia incredibile tra tifosi e squadra. Eravamo un tutt’uno. A volte sono frasi fatte, stavolta no: i 35 mila tifosi del Ferraris, giovani, anziani, uomini, donne, bambini, sono stati davvero il nostro dodicesimo giocatore in campo».

OFFERTE MENTRE ERA AL GENOA – «Ci sono state alcune opportunità ma ha prevalso la volontà di dare continuità al lavoro e soddisfazione a un ambiente a cui ero e rimarrò sempre legato. Club e tifosi mi avevano dato tanto, volevo ricambiare».

RAPPORTO CON LA DIRIGENZA – «C’è sempre qualche dirigente con cui hai più feeling e qualcuno che magari può essere meno convinto del tuo valore. Il mio riferimento è sempre stato il presidente Zangrillo che anche nelle difficoltà ha dimostrato lealtà, aiuto, vicinanza: un uomo saggio e di spessore. Non nego però che la sensazione di non essere mai stato nelle grazie di qualcuno mi abbia lasciato la cattiva sensazione, nei momenti più difficili, di essere sempre in discussione».

SFOGO DOPO PARMA – «Ha usato il termine giusto: il mio è stato lo sfogo, spontaneo, di chi veniva da un periodo difficile e stava facendo di tutto per uscirne. Adrenalina, tensione… Tornando indietro, a freddo, peserei meglio le parole, ma a caldo è stato umanamente comprensibile. E in fondo, poi, come è finita la storia ha confermato quelle mie sensazioni».

BALOTELLI – «La scelta di prendere Balotelli era una sfida per entrambi e avrei provato a vincerla. Nell’ultima fase della mia carriera da giocatore ho ricevuto tante porte chiuse in faccia. So che rabbia e voglia di rivincita possano esserci in un atleta che sente di avere ancora qualcosa da dare. Avevo percepito questo in Mario. Gli auguro di riuscire a dimostrarlo».

IDENTITA’ E PRINCIPI – «Io credo che nel calcio attuale per un tecnico la parola adattamento sia fondamentale. Non sempre riesci a esprimere il gioco che vuoi o a costruire la squadra con gli interpreti ideali per riuscirci. Le esperienze in D e in C mi hanno aiutato a capirlo. Al Genoa ho cercato di esaltare le caratteristiche dei giocatori che avevo. Io amavo giocare a quattro dietro, l’ho fatto nelle prime partite, poi ho capito che avevo giocatori per una difesa a tre che mi permetteva anche di valorizzare Gudmundsson e così ho cambiato. Oggi sto studiando e valutando tante cose diverse tra loro. Un tecnico deve dare una identità alla squadra. Per me non contano i numeri ma i principi».

I SUOI PRINCIPI – «Una mia squadra potrà giocare in tanti modi, ma non dovranno mai mancare sacrificio, spirito e umiltà».

A CHI SI ISPIRA – «Ho avuto l’onore di essere allenato da Lippi, Ancelotti, Gasperini, Pioli, Prandelli, Mihajlovic: sono stato fortunato e farei torto agli altri scegliendone solo uno. Personalità, empatia, coraggio, grinta, capacità tattiche, qualità umane. Da tutti ho cercato di assorbire qualcosa e di arricchire il mio bagaglio. Ma sarebbe sciocco e sbagliato scimmiottare qualcuno o cercare di imitarlo. Ho il mio modo di parlare alla squadra, di farmi seguire, di arrabbiarmi. Una cosa però posso affermarla…».

SCUOLA ITALIANA – «Con tutto il rispetto per grandi tecnici stranieri, la scuola italiana resta straordinaria: ecco, io il nostro Dna me lo tengo molto stretto».

LA CLASSE DEI CAMPIONI DEL MONDO 2006: TANTE OCCASIONI, MA GIUDIZI INFLESSIBILI – «Sicuramente le aspettative sono alte. Portiamo in dote tanta l’esperienza maturata in campo, abbiamo avuto maestri importanti da cui apprendere, ma fare il giocatore è diverso dal fare l’allenatore, anche noi abbiamo bisogno di tempo».

RABBIA – «La rabbia è un sentimento che non mi appartiene. Voglia di rivincita sportiva quella sì, sicuramente tanta. Aspetto di tornare per fare meglio di prima. Non mi sento uno arrivato, sto imparando, crescendo: commetterò altri errori, spero non gli stessi. Di certo l’impegno e la dedizione saranno sempre massimi».

CHI VINCE LO SCUDETTO – «Posso dire quale sarà il podio: Conte è un perfezionista, il suo Napoli è primo con merito. Ma l’Inter è la squadra più forte: Inzaghi è un tecnico pragmatico che stimo moltissimo. L’Atalanta romperà le scatole a entrambe fino alla fine, Gasperini è un genio, ogni anno inserisce qualche situazione tattica diversa».

IL GENOA SI SALVA – «Certamente. L’arrivo della nuova proprietà ha portato una ventata di energia positiva. Sucu mi sembra un proprietario che ha entusiasmo e voglia di far bene. E tra i tanti tifosi del Genoa ci sarà sempre anche Alberto Gilardino…»

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