Calcionews24
·4. November 2025
Graziano Cesari si racconta: «Var? L’avrei benedetto. I benefici veri li vedremo con la nuova generazione di arbitri. Ecco per chi faccio il tifo…»

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Arbitro ed opinionista che giudica i fischietti da anni in televisione, Graziano Cesari ha raccontato la sua vita a La Gazzetta dello Sport. In Serie A ha diretto 166 partite e vanta anche 8 apparizioni in Champions League.
IL CORSO PER ARBITRI – «Era il ‘74, vidi il manifesto che invitava a iscriversi e mi dissi che poteva essere un modo per combattere la mia tendenza a ingrassare».LA CARRIERA – «Ero diventato magrissimo… Quando arrivai in Serie C, mi dissi che valeva la pena di provarci, sentivo che sarebbe potuto diventare il mio vero lavoro. Lo so che gli arbitri non sono professionisti, ma i rimborsi erano buoni e i miei mi hanno aiutato. Il resto lo ha fatto Paolo Casarin (all’epoca designatore, ndr): gli devo tutto, lo considero un secondo padre. Mi ha insegnato che un arbitro deve essere equo, di un’equità giusta. Mi diceva le cose in faccia. A volte esageravo e mi puniva».HA ANNULLATO UN GOL A LOPEZ PERCHÉ IL TEMPO ERA SCADUTO – «Falso. Fischiai prima che Lopez segnasse. Poi è vero, l’attaccante del Valencia era lanciato verso la porta. Oggi non lo rifarei, userei la regola del buon senso. All’epoca ero giovane e interruppi l’azione».LA DECISIONE DI CUI É PIU’ ORGOGLIOSO – «Non lo so. Degli arbitri si ricordano soltanto gli errori. Non è giusto, ma questa è la legge».I GRANDI CAMPIONI – «Posso dire questo: non ho ricordi delle voci di Zidane, di Figo, di Baggio, di Van Basten, di Maradona… I grandi non si lamentano, al massimo rivolgono all’arbitro uno sguardo».MARADONA – «Ho arbitrato la partita che gli costò la squalifica per doping e l’addio all’Italia, Napoli-Bari 1-1 nel 1991. Arrivo allo stadio, il magazziniere mi offre il caffé e, mentre lo bevo, si palesa Diego. Indossa dei mocassini tremendi, con dei fiocchetti. Qualcuno gli lancia una pallina da ping pong e lui comincia a palleggiarci con una naturalezza sconvolgente. Joao Paulo, il brasiliano del Bari, si avvicina e mi fa: “Ma che c… gioco a fare io?”. E Joao Paulo non era scarso. Diego in campo veniva picchiato: mai un lamento».IL VAR – «L’avrei benedetto. Non dico che sia la panacea di tutti i mali, però un salvagente fondamentale e non se ne può più fare a meno. Noi eravamo in tre, arbitro e due assistenti. Oggi sono una squadra tra campo e sala Var».LA SUDDITANZA AL VAR – «I benefici veri li vedremo con la nuova generazione di arbitri: Zufferli, Marcenaro, Bonacina sono cresciuti con il Var. Detto questo, per fare l’arbitro servono coraggio, personalità e una buona dose di narcisismo».PER CHI TIFA – «Per il Genoa, lo sanno tutti. Conduco il programma “Gradinata Nord”, su una tv genovese. Non ho mai arbitrato il Genoa perché ai miei tempi vigeva la territorialità. Avrei pagato per dirigere un derby di Genova, il più bello di tutti».
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