Calcionews24
·10. November 2025
“Il punto di rottura che non arriva”: ecco perché Genoa Fiorentina era scritto che finisse 2-2. L’approfondimento

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Certe partite sembrano decise da un equilibrio superiore, quasi da una forza invisibile che riporta tutto alla parità. Genoa–Fiorentina è esattamente questo: una sfida giocata dentro uno specchio, dove ciò che accade a una parte si riflette nell’altra. Due squadre con lo stesso modulo, le stesse idee, gli stessi limiti. Il 2-2 finale non è un compromesso: è il risultato più logico possibile.
A Marassi la gara è un continuo gioco di rimandi. Il Genoa di De Rossi si affida al fisico e alla densità, la Fiorentina di Vanoli alla ricerca di un’identità che ancora non trova. Entrambe partono con il 3-5-2, si annullano, si puniscono e si salvano a vicenda. E quando succede questo, la matematica del calcio fa il resto.
Il copione della partita
Al quarto d’ora il Genoa passa avanti. Punizione laterale, difesa viola distratta, Ostigard stacca e segna. È un film già visto: la Fiorentina continua a concedere troppo sulle palle inattive, tema ormai cronico. La risposta arriva quasi subito con il rigore di Gudmundsson, assegnato per un tocco di mano di Colombo e realizzato con freddezza islandese. È il lampo di un primo tempo caotico, dominato più dai contrasti che dalle giocate.
La ripresa si apre con un episodio che pesa. Ranieri manca il pallone e lo tocca col braccio, Guida concede rigore al Genoa ma De Gea si distende e para Colombo, tenendo la squadra in vita. Cinque minuti più tardi la Fiorentina trova il vantaggio grazie alla combinazione più pulita della sua serata: Gudmundsson vince un duello, Sohm serve in verticale Piccoli che, in area, controlla e buca Leali. È la prima volta che la Viola sembra poter comandare la partita.
Ma come spesso accade, la squadra di Vanoli non riesce a gestire. Passano tre minuti e il Genoa trova subito il pari. Martin crossa, De Gea respinge corto, Colombo da terra ribadisce in rete. È l’ennesima dimostrazione della fragilità emotiva di questa Fiorentina, che dopo ogni vantaggio arretra e si spegne. Nel finale è ancora De Gea a evitare il ko, con una parata prodigiosa su Masini al novantesimo. Il triplice fischio congela un 2-2 che racconta più di mille parole.
Due squadre speculari
Genoa e Fiorentina hanno giocato con lo stesso modulo e con principi di gioco quasi identici. Difesa a tre, quinti alti, densità centrale e ripartenze verticali. La differenza è che il Genoa ha portato più duelli vinti, mentre la Fiorentina ha mostrato una maggiore pulizia tecnica nei primi 30 metri.
Il baricentro medio del Genoa è stato di 50 metri, quello della Fiorentina di 42. Dati che raccontano una squadra rossoblù più alta e coraggiosa, ma non necessariamente più pericolosa. Anche il possesso palla è bilanciato: 52% contro 48%, un equilibrio perfetto.
Il Genoa ha tirato otto volte, cinque nello specchio, creando quattro vere occasioni da gol. La Fiorentina ha risposto con sei tiri, tre nello specchio, e tre occasioni nitide. Tutte le reti sono nate da dentro l’area di rigore. Nessuna delle due ha costruito nulla da lontano. È il segno di una partita giocata a bassa creatività, dove l’efficacia delle aree ha deciso ogni cosa.
La Fiorentina non crolla ma non cresce
Il dato più evidente è che la Fiorentina non riesce mai a trasformare un momento positivo in controllo. L’azione del 2-1, con Gudmundsson e Piccoli protagonisti, è un raro esempio di verticalità riuscita. Ma subito dopo la squadra si abbassa, concede campo e viene punita. È la fotografia di una squadra fragile, che vive di reazioni e non di pianificazione.
La fase difensiva resta un problema enorme. Sul gol di Ostigard la linea dorme, sul rigore concesso a inizio ripresa Ranieri sbaglia il tempo e provoca l’ennesimo episodio pericoloso. I numeri confermano che la Fiorentina subisce troppo in area e perde sistematicamente le marcature sulle palle alte.
Vanoli ha provato a cambiare l’inerzia con le sostituzioni, inserendo Parisi e Viti per Ranieri e Fortini, poi Ndour e Džeko per dare peso e centimetri. Nulla è cambiato. L’unico vero salto di qualità l’ha dato De Gea, che con le sue parate ha tenuto a galla la barca.
De Gea e Piccoli, i simboli della serata
L’ex portiere del Manchester United è l’unico vero punto fermo di questa Fiorentina. Para un rigore, compie tre interventi decisivi e mostra finalmente quella leadership che mancava da mesi. È lui a impedire che il Genoa completi la rimonta nel recupero.
Davanti, Piccoli dimostra di essere in fiducia. Segna un gran gol da attaccante puro, lotta, protegge palla e si muove bene anche spalle alla porta. In una squadra senza idee, la sua concretezza è ossigeno. Bene anche Gudmundsson, autore del rigore e dell’assist potenziale per il 2-1, unico a dare verticalità e imprevedibilità.
Molto male invece Dodo, generoso ma confusionario. Sei cross tentati, nessuno riuscito. L’errore nel contropiede del 72’ fotografa il momento: idee giuste, esecuzioni sbagliate.
Quando due squadre si annullano in tutto – moduli, atteggiamenti, limiti e qualità – il pareggio diventa una legge naturale. Genoa e Fiorentina hanno avuto le stesse opportunità, le stesse distrazioni e la stessa incapacità di gestire i momenti chiave.
Il rigore segnato da una parte e parato dall’altra, i gol nati da situazioni sporche, le mischie, le palle inattive: tutto porta allo stesso punto. Nessuna delle due ha meritato più dell’altra. Il 2-2 è l’equilibrio perfetto di una partita imperfetta.









































