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·30. Dezember 2025
đ La struggente lettera di Fredy GuarĂn: il racconto del percorso dalla dipendenza da alcool alla rinascita

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Fredy Guarin, che negli ultimi anni ha dovuto affrontare importanti problemi personali che hanno messo anticipatamente fine alla sua carriera, si Ú raccontato. Lo ha fatto attraverso una lettera, nel format Consapevolezze di Gianluca Di Marzio.
LĂŹ, seduto in casa. Ero da solo. Lo ero da anni ormai. Non ero lucido, avevo bevuto. Lâalcol era il mio compagno di vita. Un rifugio, una maschera. Unâillusoria risposta al malessere che mi aveva portato in un abisso. Buio, asfissiante, infinito. Ma torniamo a quel giorno. Non aveva nulla di diverso da tanti altri che avevo vissuto. Unâeterna sensazione di solitudine e frustrazione. Chiamavo le persone, nessuno rispondeva. Un silenzio assordante. La mia testa era attraversata da quellâidea: il suicidio.
Qualcosa era scattato in me. âNon posso continuare. Non posso farcelaâ. Ho preso il telefono e ho sentito il mio agente e la mia psicologa: âAiutatemi. Venite a prendermi. Faccio tutto ciĂČ che sarĂ necessario fareâ. Da quel momento Ăš iniziata la mia seconda vita. Un percorso riabilitativo che mi ha portato a essere la persona che sono oggi. Ho bussato alle porte dellâinferno. Ho dovuto farlo per trovare la forza per rialzarmi e rinascere. In questi mesi ho capito che la vita Ăš fatta di pace, tranquillitĂ , felicitĂ . Sono qui dopo essermi allenato, ho una famiglia a casa, ho recuperato il rapporto con i miei figli, apprezzo le piccole cose. Sono qui a scrivere queste parole e sono felice. Sono felice e lo so. La vita Ăš bella.
Vedete, penso che strade come quella dellâalcolismo hanno quattro destinazioni: lâabbandono, lâospedale, il carcere, la morte. Io sono arrivato fino alla terza. Mi ero costruito una prigione interiore. Una prigione che mi ha portato a un passo dallâultima via: la fine di tutto. Ho conosciuto le ombre della solitudine, della depressione e dellâalcolismo. Ho toccato lo spettro del suicidio. Un malessere durato anni.
Erano gli ultimi mesi della mia avventura allâInter. Le cose non andavano bene. Câerano dei problemi a casa. Stavo divorziando con la mia ex moglie, avevo lasciato casa e stavo in un albergo, i miei figli erano lontani. Stavo male. Ho iniziato a bere. Un rifugio per scappare dal mio dolore. Le persone vicine a me se ne erano accorte. Zanetti, Icardi, Stankovic, Cordoba, Mancini e non solo hanno cercato di aiutarmi: âFredy, non Ăš questa la soluzioneâ. Ma ormai era un problema giĂ troppo grande per essere gestito. Avevo perso il controllo e non me ne rendevo conto. Ho dovuto lasciare lâItalia.
Sono andato in Cina per provare a risolvere quella situazione, ma non ha fatto altro che peggiorare. La mia dipendenza dallâalcol Ăš diventata sempre piĂč forte e intensa. Bevevo, mi allenavo, giocavo. CosĂŹ, in loop. Il pallone in quegli anni era il mio psicologo. Era lâunica cosa che mi costringeva a rispettare orari, appuntamenti, responsabilitĂ . Mi sono ritrovato in un nuovo Paese. Io, da solo con il mio problema. Solo con la bottiglia. Avevo perso la mia famiglia. I miei figli erano lontani da me e la colpa era mia.
Sono tornato in Sud America. Prima di tornare in Colombia, sono passato dal Brasile. In quei mesi Ăš scoppiato il Covid. Era venuta meno anche quellâunica cosa che ancora mi salvava: il pallone. Con la pandemia tutto il mondo si era fermato, compreso il calcio. E io ero rimasto senza niente a cui aggrapparmi, ancor piĂč solo con me stesso. Mi era rimasto solo lâalcol.
Nel 2021 sono tornato in Colombia. Con la maglia del Millionarios ho giocato le mie ultime partite. Lâinizio era stato positivo, avevo smesso di bere. Dopo qualche mese, perĂČ, ho ricominciato. Ă stata la fine. Ho smesso col calcio. Tre anni di autodistruzione. Bevevo e basta, senza reagire. CâĂš stato lâepisodio della mia aggressione a papĂ . Ma non ero io quella persona. Ero ubriaco, non ero lucido. Ora ogni volta che posso lo abbraccio e gli chiedo di perdonarmi. âFiglio mio, ti ho perdonato dal primo giornoâ. Ă un uomo speciale.
Ho toccato lâabisso. Sono precipitato nei suoi angoli piĂč oscuri. Ero solo nel mio malessere. Inghiottito, confuso. Ho avuto paura di non farcela. Ho pensato di suicidarmi. E per tre volte ci ho provato. Ho provato a togliermi la vita. Ă andata diversamente. Dio mi ha salvato, aveva un piano diverso per me. E poi Ăš arrivato quel giorno. La chiamata al mio agente e alla mia psicologa, lâinizio di una nuova vita. Grazie a Dio.
Un viaggio graduale. Un viaggio lungo. Il viaggio della mia rinascita. Sono stato portato in una fondazione. La mia partita piĂč importante. Mi svegliavo alle sei di mattina. Allenamenti e incontri con psicologi e psichiatri fino alla sera. CosĂŹ per due mesi. Poi mi Ăš stato fatto un programma da seguire. La mia salvezza. Non ho mai smesso di seguirlo. Nel tempo ho cambiato la prospettiva: dal âpor quĂ©?â a quella del âpara quĂ©â. Per anni mi chiedevo perchĂ© tutto quello dovesse succedere proprio a me. Ora la mia visione si Ăš ribaltata. Ho compreso che ogni cosa accade per un motivo. CâĂš un potere superiore che ci guida. Io ho vissuto quelle esperienze per poterle mettere a disposizione delle persone, per aiutare lâessere umano. Para quĂ©.
Ora lavoro nella fondazione con la mia psicologa. Vedete, quando si sta male Ăš facile sbagliare strada. Allâinizio sembra andare meglio, ma non ci si accorge che intanto si precipita nellâabisso. Io non ho avuto nessuno che mi aiutasse e spiegasse cosa fare. Pensavo che la felicitĂ fosse fatta di soldi, feste, tante persone che ti circondano per la tua fama. Ecco, io voglio essere al fianco delle persone per sostenerle nei loro viaggi e nelle loro difficoltĂ .
Ricordo quel giorno. Erano passati sei mesi dallâinizio del mio percorso riabilitativo. Ho potuto rivedere i miei figli dopo quattro anni dallâultima volta. Quattro anni. Per molto tempo mi ero sentito in colpa nei loro confronti. Non Ăš stato facile raccontare ciĂČ che avevo fatto, ma era la cosa giusta. Ho parlato dei problemi con la loro mamma, della sofferenza provata, della dipendenza dallâalcol⊠di tutto. Mi hanno ascoltato, con il tempo mi hanno compreso e perdonato. Non tanto per le parole, ma per i miei comportamenti. Hanno capito che ero cambiato davvero. Abbiamo ricostruito un rapporto sincero e diretto. Sanno chi sono e chi sono stato. Sanno che non voglio che tocchino alcol o droga. Se vedo mio figlio con una birretta, gli ricordo sempre che suo padre Ăš stato un alcolizzato.
Sono stati mesi in cui ho conosciuto me stesso. Mi sono dato unâaltra possibilitĂ . Perdonarmi Ăš stato il primo passo per ricominciare e rialzarmi. Ho conosciuto il buio. Ho dovuto farlo per dare forma alla mia rinascita. Ho imparato che nella vita dobbiamo avere il coraggio di accettare i nostri problemi. Siamo anche i nostri problemi
Oggi Fredy Guarin sta meglio. Ă un uomo diverso. Sono grato per questa seconda opportunitĂ che la vita mi ha dato. Sono piĂč orgoglioso per questa mia rinascita che per quanto ho fatto nel calcio. Ora posso dirlo: sto vincendo la mia battaglia, la partita piĂč importante della sua esistenzaâ.









































