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·16 October 2025
Kelly a Small Talk: «Non mi aspettavo la chiamata della Juve ma quando me l’ha detto il mio agente ci ho messo dieci secondi a dire sì. Vi racconto la mia vita e la mia carriera» – VIDEO

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·16 October 2025
Un viaggio nella vita e nella carriera di Kelly. Il difensore della Juve si è raccontato a Small Talk, format visibile sul canale Youtube del club bianconero.
QUALCUNO LO CHIAMA COL SUO SECONDO NOME- «Alcuni compagni sì. Dušan Vlahović. Perché? Non lo so. Una volta mi ha chiesto se avessi un secondo nome. Gli ho detto di sì, e che è Casius. Da allora mi chiama sempre Casius».
NON RILASCIA MOLTE INTERVISTE – «Non molte. In passato ne avrò fatte… Le posso contare sulle dita della mano. Ma è sempre bello poter raccontare la propria storia e mostrare un lato diverso della mia vita, perché penso che la gente mi conosca come un calciatore, è così che molta gente mi vede. Quindi è bello poter mostrare cose diverse, parlare di altri argomenti e condividere un po’ la mia vita».
VITA DA 27ENNE – «Mi hanno chiesto se mi senta più vecchio. Non saprei dire. Mi sento ancora abbastanza giovane, cercherò di restare così il più a lungo possibile. Però sì, gli anni passano davvero in fretta».
COME HA FESTEGGIATO – «Sono una persona molto tranquilla, sono calmo e rilassato. Siamo tornati a casa e ho trascorso del tempo con la famiglia e gli amici. Siamo andati a cena in centro a Torino. È stata una serata tranquilla e piacevole, non sono uno che ama fare grandi feste».
TAGLIO DI CAPELLI – «Direi, in media, ogni 10 giorni. Ma, ovviamente, dipende dal calendario, se ci sono partite importanti da giocare, o se come accaduto di recente, abbiamo tre partite in una settimana. In quei casi ci vado una volta a settimana, ma mai più di così. Personalmente mi piace essere in ordine e prendermi cura di me. È qualcosa di molto importante per me. Ma poi, come hai detto, dall’altra parte c’è anche un aspetto di stile, di moda. Ci sono tanti tagli diversi, stili e colori tra i quali scegliere».
SULL’USO DEI SOCIAL MEDIA – «C’è molto di positivo che può arrivare tramite i social: puoi condividere cose in maniera positiva, far sì che le persone interagiscano con te e creare un seguito attorno a ciò che ti piace, che sia il tuo lavoro, i tuoi hobby o cose del genere. Ma poi, ovviamente, c’è anche il lato negativo in tutto questo. Sono sempre stato neutrale nel mio modo di guardare i social. Per me si tratta di potermi connettere con le persone, i ragazzi, le generazioni future, e far vedere loro che, con un po’ di coraggio e disciplina è possibile davvero realizzare qualcosa e arrivare dove si desidera. Se hai un sogno, lo puoi realizzare. È per questo motivo che li uso. Per avere un impatto positivo sul mondo».
INFANZIA E IL CALCIO – «La mia infanzia è stata… Quello che ricordo è uscire da scuola, le elementari, tornare a casa, cambiarmi e uscire subito. Andare al parco. Sì, al parco a giocare. Questo è stato prima di entrare nelle giovanili del Bristol City. Ero sempre fuori a giocare con gli amici, amavamo il calcio. Era una cosa che, come hai detto, mi piaceva fare. Ovviamente ero troppo piccolo per pensare che un giorno avrei potuto farlo per mestiere. È sempre stata una cosa che volevo fare, tutto qui».
SULLA FAMIGLIA – «La mia infanzia è stata un po’ diversa da quella della maggior parte dei ragazzi. Dall’età di… Quanti anni avevo? Direi sei o sette. Io, mia sorella maggiore e mio fratello minore siamo entrati nel sistema di affido e ci siamo rimasti, nel sistema di affido, fino alla maggiore età, cioè 18 anni. E durante quel periodo durato undici anni, ci siamo trasferiti in tre case diverse con famiglie diverse.
Come ho detto, una famiglia viveva in una zona di Bristol e poi un’altra in un’altra. È così che ho potuto conoscere bene la città. Per fortuna siamo riusciti a rimanere assieme, tutti e tre, perché a volte alcune famiglie non riescono a ospitare tre bambini. A volte i fratelli vengono separati, ma noi per fortuna siamo rimasti tutti assieme».
SULLA SUA CARRIERA – «Stavo iniziando le scuole medie, quindi avrò avuto dieci o undici anni. C’era un allenatore, un professore di educazione fisica, che lavorava nella mia scuola e che era collegato all’academy del Bristol City perché si allenavano sugli stessi campi la sera dopo la scuola. Lui mi mise in contatto e riuscì a farmi avere un provino. Penso sia durato sei settimane. Sarò sincero, non sapevo nemmeno se sarei stato preso o no. Quando sono arrivato è stato incredibile, perché tutto era organizzato benissimo. Era completamente diverso da quello che… Cioè, giocavo solo al parco, è tutta un’altra cosa…
Ho fatto il provino e mi hanno preso. Lì è iniziato tutto. Ci allenavamo tre volte a settimana, la sera dopo la scuola. Devo davvero ringraziare chi mi accompagnava ad allenamento, perché non era facile incastrare tante cose e portarmi comunque agli allenamenti. Poi si giocava il sabato o la domenica. Questo è proseguito fino all’under 18, quando ho finito la scuola. A quel punto ero già nell’orbita della prima squadra. Andai in tournée precampionato con la prima squadra. Avevo appena finito la scuola, a 16 anni, e da lì le cose sono diventate serie».
LA CHIAMATA DELLA JUVE – «A dire il vero, non me lo aspettavo perché in quel momento, anche se non stavo giocando molto al Newcastle, ero uno dei senatori in rosa, e sentivo di essere importante. Il mio agente mi ha chiamato e mi ha detto soltanto: “Ti trasferiresti alla Juventus?” Ho impiegato dieci secondi per realizzare cosa avesse detto e poi ho detto di sì. Andiamo. Anche se la porta fosse stata solo socchiusa, avrei detto: “Spingiamo per aprirla”. Per fortuna è successo davvero».
TELECRONACA GOL BORUSSIA DORTMUND – «Mancano 30 secondi alla fine. La palla va larga per Dušan, Dušan rientra e crossa… Kelly! Bellissimo gol! Pazzesco. Conclusione folle. Conclusione folle di Kelly. Bellissimo! Tutto lo stadio impazzisce!».
CHI TI HA DETTO DI SALIRE IN QUEL MATCH – «Il Mister l’ha detto a Locatelli e Locatelli l’ha detto a me. Ero già salito prima, ma poi sono rientrato perché loro erano partiti in contropiede. Poi la palla è tornata giocabile e ho dovuto decidere se andare di nuovo o restare. Alla fine si è rivelata la decisione giusta».
IL RAZZISMO ESISTE ANCORA? – «Non fraintendermi, qualcosa si sta facendo. Non posso dire che non si stia facendo nulla per prevenire o per eliminare il razzismo dal mondo del calcio, ma direi che ci sia ancora parecchia strada da fare. È difficile riuscire a controllare, tecnicamente, ciò che non puoi controllare. Si sta andando in una direzione in cui s’iniziano a vedere delle conseguenze per chi compie atti di razzismo o discriminazione tra tifosi e giocatori, ma direi che ci sia ancora del lavoro da fare».