Calcionews24
·11 June 2025
Sacchi non perdona Ranieri e lancia l’appello alla FIGC: «Alla Nazionale non si può dire di no, è un dovere morale per chiunque. Io per l’Italia rinunciai al Real Madrid»

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·11 June 2025
Quando si parla di rivoluzione nel calcio italiano, il nome di Arrigo Sacchi è il primo a venire in mente. Il “Profeta di Fusignano”, architetto dell’indimenticabile Milan degli Immortali, portò la sua visione calcistica radicale anche sulla panchina dell’Italia dal 1991 al 1996. Fu un quinquennio memorabile e controverso, un tentativo audace di scardinare le certezze storiche del calcio all’italiana per imporre un sistema proattivo, basato sul pressing ossessivo, sulla difesa a zona e sul collettivo come unico dogma. Il suo percorso raggiunse l’apice nell’epica cavalcata fino alla finale del Mondiale di USA ’94, persa solo ai calci di rigore contro il Brasile di Romario, un traguardo che resta il punto più alto della sua gestione. Nonostante non abbia alzato trofei in azzurro, l’eredità di Sacchi è stata immensa, cambiando per sempre la mentalità di un’intera generazione di allenatori e giocatori. Conclusa la carriera sul campo, non ha mai smesso di essere un maestro e un punto di riferimento. Oggi è uno degli opinionisti più ascoltati e intransigenti, e dalle colonne de La Gazzetta dello Sport affronta il tema caldissimo della successione a Luciano Spalletti.
IL NO DI RANIERI – «Non conosco le motivazioni profonde, ma ritengo che alla Nazionale non si possa dire di no. È un dovere morale rispondere alla chiamata, perlomeno io la vedo così. La Nazionale è la squadra di tutti gli italiani e dunque, per un allenatore, dovrebbe rappresentare il massimo traguardo. Che cosa c’è di più alto e di più nobile che poter essere a capo di un progetto che coinvolge l’intero Paese?»COSA DEVE FARE LA FIGC – «Immagino che il presidente Gravina e i dirigenti federali siano rimasti a bocca aperta dopo aver appreso della decisione di Ranieri, ma questo non è il momento di fermarsi a ragionare su ciò che è stato: bisogna rimboccarsi le maniche e trovare al più presto la miglior soluzione possibile. Purtroppo il mio amico Ancelotti è andato in Brasile, altrimenti sarebbe stato l’uomo ideale per questo ruolo».LA SUA ESPERIENZA DA CT – «Io, pur di allenare la Nazionale, rinunciai a due miliardi di lire nel 1991. Eh sì, perché ne prendevo tre dal Milan e la Federcalcio me ne offriva soltanto uno. E c’era pure il Real Madrid che aveva messo sul tavolo addirittura cinque miliardi perché andassi in Spagna. Non ebbi alcun dubbio: scelsi la Nazionale. Avevo l’ambizione di portare il mio Paese sul tetto del mondo, e nel 1994 ci andai vicinissimo. Se solo non ci avessero messo a giocare in quel forno che era la costa est degli Stati Uniti, e fossimo andati in California come il Brasile, chissà come sarebbe andata… E comunque abbiamo perso la finale ai calci di rigore e i miei ragazzi sono stati tutti degli eroi. Non finirò mai di ringraziarli: hanno dato tutto per l’Italia, per i tifosi. Vorrei che quell’atteggiamento ce l’avessero i giocatori di oggi, invece mi sembra che non ci sia quell’attaccamento alla maglia che è il primo ingrediente per arrivare al successo».PIOLI E MANCINI – «Pioli pare sia stato contattato, ma ora allena in Arabia e poi forse è in parola con una squadra di club. Non so… E Roberto Mancini è senza panchina, questo è vero…»