Bucciantini: «Milan Roma partita che vale tantissimo per entrambe, ai rossoneri manca identità societaria. Mercato di gennaio? Ecco dove interverrei» – ESCLUSIVA | OneFootball

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·29 de diciembre de 2024

Bucciantini: «Milan Roma partita che vale tantissimo per entrambe, ai rossoneri manca identità societaria. Mercato di gennaio? Ecco dove interverrei» – ESCLUSIVA

Imagen del artículo:Bucciantini: «Milan Roma partita che vale tantissimo per entrambe, ai rossoneri manca identità societaria. Mercato di gennaio? Ecco dove interverrei» – ESCLUSIVA

Bucciantini, noto giornalista, ha commentato il momento del Milan in vista della gara di questa sera contro la Roma e non solo: le dichiarazioni

Intervenuto in esclusiva a Milannews24, Marco Bucciantini, noto giornalista, ha parlato del momento del Milan di Paulo Fonseca e non solo:

Stasera è in programma Milan-Roma: quanto vale la partita per entrambi?


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«Tutte le partite valgono perché possono darti o toglierti qualcosa, per Milan e Roma vale di più perchè sono in un momento particolare, stanno cercando una traccia di loro stesse e di fissare un valore all’interno di questo campionato. Sono entrambi distanti – e molto, almeno 10 punti – da dove dovevano essere e oggi cercano indizi e conferme sulle scelte forti che stanno facendo. Il Milan le ha fatte sui giocatori, la Roma sull’allenatore. La gara mette di fronte due squadre in crisi che hanno disperatamente bisogno di avere notizie su loro stesse. Poi bisogna vedere se avranno la reazione giusta rispetto alle risposte che otterranno. In questo momento secondo me manca ad entrambe una società che sappia cogliere la portata e il significato degli indizi che arrivano dalle partite e dall’ambiente».

Theo Hernandez sta vivendo un momento complicato: cosa ne pensi della gestione di Fonseca?

«Quello che bisogna sempre chiedersi è se le scelte di un allenatore migliorano o peggiorano una squadra. E non basta valutare una singola gara, o fermarsi al risultato ma cercarne riflessi alla lunga. Faccio un esempio, ma non conclusivo: se rinunci a Leao, e magari la partita va male, sembra un errore grossolano, ma se dopo un po’ di partite avrai da Leao mette più corsa, più voglia, più agonismo in campo allora magari quella scelta aveva una sua visione. Ora però io non vedo calciatori “incisi” da queste scelte. E nemmeno un gruppo che le accetta a vantaggio della comunità, anzi, semmai abbiamo letto di piccole ribellioni, di messaggi solidali con i giocatori “puniti”. Diciamo che l’esclusione di Theo ha avuto il pregio di mostrare Jimenez. spensierato, vivace, coraggioso ma anche qui il discorso è ambivalente: forse significa solo che Jimenez doveva essere considerato di più in precedenza, per dare cambi ai titolari, quando invece sono stati preferiti altri. Ma se resto ai provvedimenti “esemplari”, a me le cose non tornano. Theo è uno dei calciatori che negli ultimi anni ha fatto più la differenza in Serie A e quindi in panchina non ci può stare. Bisogna trovare il modo di metterlo in campo per fare cose decisive. Di permetterselo, nelle lacune tattiche (così come di permettersi Leao, nelle pause agonistiche). Le fortune del Milan in questi anni sono passate anche dalle giocate sue e di Leao. Ma c’erano Kessié e Tonali che coprivano anche le zone di campo da loro un po’ dimenticate, e le caratteristiche di questi due centrocampisti non sono state sostituite, e allora è diventato meno sopportabile anche il difetto di altri. Lo sapeva benissimo anche Pioli, ma li ha lasciati in campo, perché dà loro ha ottenuto comunque forza. Una squadra con gli obiettivi massimi come il MIlan deve trovare il modo di permettersi in campo i difetti dei giocatori più forti soprattutto se quei giocatori fanno la differenza. Apprezzo il coraggio e l’idealismo di Fonseca ma forse Theo, che è da tanti anni al Milan, non si meritava questa lezione di milanismo da chi al Milan c’è da meno tempo».

Negli ultimi giorni hanno fatto scalpore le dichiarazioni di Cardinale sul presente e sul futuro del Milan: come le commenta?

«Innanzitutto va detto che le dichiarazioni di Cardinale sono state commentate partendo dai titoli dei media, dunque spesso ci si è soffermati sulla eco (e la forzatura) dei concetti più mediatici. Alcune parole però erano oggettivamente sbagliate come quelle su Zhang e l’Inter. Lì c’è stato un difetto di mira: l’Inter, appunto, al posto di Zhang. Altre dichiarazioni sono state invece scontate visto che l’obiettivo di fare un calcio sostenibile dovrebbe essere l’obiettivo di tutti, a prescindere dalla nazionalità delle proprietà. In America si sono dati l’obiettivo di un’armonia competitiva, di un accesso alle possibilità, ma lo fanno all’interno di leghe chiuse: dunque certe cose sono semplicemente irreplicabili, il sistema non è sovrapponibile a quello europeo. Ma alcune idee e regole virtuose sì. La battaglia per infrastrutture di proprietà dovrebbe vedere tutti allineati con chi la sostiene, per esempio. Però bisogna accostarsi alla cultura del posto dove si lavora. In Italia ci sono sempre stati grandi dirigenti che hanno fatto la storia del calcio, ce ne sono anche oggi (ma non al Milan). In tutto il discorso a me manca ritrovare queste linee guida, ritrovsrle intendo oggi nel Milan attuale: competenza, identità, storia, figure politiche che sappiano parlare alla gente in determinati momenti. Queste cose sono decisive in qualsiasi inquadramento economiche che voglio dare a un’impresa. Se le mortifico, se evito di raffrontarmi con questa “cultura” specifica del gioco e del Paese, allora vengo da Marte e non dall’Italia. Su alcune scelte recenti forse andrebbe fatta un po’ di autocritica».

Si avvicina il mercato di gennaio: dove interverrebbe se fosse nel club rossonero?

«Il Milan non sta facendo un giocare Tomori, ha tolto dal campo Pavlovic e probabilmente va accettata la scelta di Fonseca di voler difendere più di reparto. Ma in questo momento in panchina c’è quella che poteva essere la difesa titolare: Calabria, Tomori, Pavlovic e Theo Hernandez. Quindi in difesa non ci sono necessità. Ovvio, se qualcuno uscirà dovrà essere rimpiazzato. Leggo che Tomori può andare alla Juve: anche se nelle ultime occasioni Tomori è parso in difficoltà, sotto il suo standard, fossi la società non rafforzerei una rivale, anzi cercherei di coinvolgere un po’ di più un giocatore che è stato centrali in questi anni.  Per quantità e varietà, stesso discorso in attacco: Leao, Morata, Pulisic, Okafor, Abraham. Chukwueze e poi c’è ancora Camarda. I giocatori ci sono anche lì. A centrocampo il discorso è diverso: se i rossoneri giocheranno stabilmente con tre uomini nel reaprto, e me lo auguro, andrebbe preso un altro centrocampista. A me non convince Loftus-Cheek, non mi bastavano i suoi gol, tra l’altro diminuiti. Il lavoro a centrocampo è più grosso, c’è la sostanza, il palleggio, non solo l’incursione. Se Il Milan riuscisse a far uscire lui, farei un acquisto in quella zona del campo. Uno di “gamba”, come si dice oggi, e del rendimento alla Fofana, che sta facendo tutte partite da 6.5-7 e garantisce sostanza in mezzo al campo».

Dando uno sguardo più ampio alla Serie A, chi è per lei la favorita per lo scudetto?

«La favorita del campionato è l’Inter, non solo perchè ha i giocatori più forti ma perchè ha lavorato meglio in questi anni. Il premio che riceve è questa sua competitività, questa facilità nel creare gioco, occasioni. Poi ci metto l’Atalanta: due squadre che hanno vinto in questo 2024, illuminate dalla consapevolezza delle vittorie, ormai temute anche in Europa, dove possono giocarsela. Poi metto il Napoli, perché Conte – come sempre – è riuscito a rivoluzionare l’andazzo, a virare tutte le energie e le forze dove ha indicato con l’indice. Ma le squadre nerazzurre in questo momento hanno una bellezza, una potenza, una forza superiore».

Infine un commento sulla Nazionale: quali prospettive vede per Spalletti e i suoi ragazzi in vista dei prossimi Mondiali?

«Sulla Nazionale posso dire che la qualificazione al prossimo Mondiale deve essere naturale. Non esserci andati per due volte è una ferita ancora aperta. Eliminati da Svezia, Svizzera e Macedonia. squadre di cui siamo più forti anche nei momenti difficili. L’Italia ha il dovere di partecipare, per movimento, storia, ma anche presente: vanno oltre 30 squadre, non esiste una corrispondenza fra il movimento e il valore della Nazionale (anche la più debole) e la sua eliminazione da questa competizione. Togliere agli italiani il Mondiale per 12 anni è una colpa immensa, una ferita indelebile che questa Italia sanerà. In più Spalletti mi piace, ammetto di avere un particolare debole per lui. Sa di calcio, sa trasmetterlo, sa mostrarlo, sa raccontarlo. A volte esagera, ma è uno dei maggiori uomini di calcio di questo Paese».

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