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·15 de noviembre de 2025
Inter, Bonny: “Il derby col Milan vale come Barcellona-Real. Esperienza al Parma? Buffon decisivo”

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·15 de noviembre de 2025

Ange-Yoan Bonny ha concesso una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport in cui ha parlato dei suoi primi 5 mesi all’Inter e non solo.
Bonny, cosa ha capito dopo cinque mesi di Inter?
“Ho capito che serve tempo per capire dove sei, per realizzare quanto grande sia questo club. Poi, quando lo hai capito, devi renderti conto del livello della squadra, che si alza continuamente, già dall’allenamento: l’Inter è molto esigente, ti chiede sempre di più, ma mi trovo benissimo e imparo…”.
Che cosa deve imparare di preciso?
“Il gioco spalle alla porta, qualche volta ho perso palloni stupidi. Poi migliorare il colpo di testa, ma anche la resistenza, visto che giochiamo ogni tre giorni e lavoriamo duramente. Durante la sosta ancora di più… In generale, anche le cose che ti vengono bene possono sempre essere fatte meglio”.
Chi la sta aiutando in questo apprendistato?
“Ce ne sono tanti, ma con chi parla francese come Mkhitaryan è più facile. Marcus Thuram mi aiuta tanto e non solo da quando siamo compagni: già a Parma i suoi consigli sono stati preziosissimi. Mi spinge oltre, come anche i compagni italiani: vogliono che dia sempre il massimo senza cali”.
Che cosa ha provato entrando e segnando la prima volta a San Siro?
“La prima volta è stata l’anno scorso col Parma: ero frastornato, lo stadio è così grande che sembra non finire mai, toglie il fiato. Quando giochi per l’Inter è diverso, ho avuto la fortuna di segnare subito col Toro: dopo il boato, nel rumore, non senti più niente. È bello, perché è tutto ovattato, è solo emozione”.
Chi è stato decisivo nello scegliere il nerazzurro?
“L’anno scorso, in Parma-Inter, quella del 2-2, Bastoni mi butta giù e mi dice: ‘Il prossimo anno vieni da noi…’. Sembrava un avvertimento, ma mi ha fatto piacere. Lui, Bisseck, Acerbi si fanno sentire in allenamento, aiutano a spingerti oltre”.
A Parma quel giorno c’era pure Chivu: quanto è importante per lei?
“Moltissimo. A Milano il mister è la stessa persona vera che era a Parma, ha lo stesso modo di fare e di comunicare. Mi chiede sempre di essere disponibile per gli altri, di giocare prima per la squadra”.
Cosa vorrebbe “prendere”, invece, dal gioco di Lautaro e Thuram?
“Vorrei avere la fame sotto porta di Lautaro: essere alla sua età il quarto marcatore della storia dell’Inter è straordinario. Lui vuole sempre segnare, che sia un gol bello o brutto non conta. Marcus, invece, sa fare tutto: gol, dribbling, assist. Forse con lui ho qualche similitudine di più, ma siamo diversi e possiamo giocare insieme. Vorrei prendere qualcosa anche da Pio, pochi difendono la palla come lui”.
Cosa sale alla mente nel pensare al derby?
“Come fascino e grandezza vale Barça-Real. Mi sono rimasti in testa certi duelli come quello tra Dumfries e Theo. Sono due grandi squadre che non si odiano, ma in quei 90’ è una battaglia. Speriamo che, alla fine, tutto si colori di nerazzurro…”.
Ma sarà già decisiva?
“No, perché siamo solo a novembre e può succedere di tutto, però il derby è già importante: poter prendere altri punti, non solo sul Milan, ma anche su Napoli, Roma e le altre che spingono da dietro, sarebbe un bel salto”.
Tornando a Parma, quanto è stata dura all’inizio?
“A 17 anni un altro Paese, un’altra cultura, un’altra lingua: era tutto difficile… Per fortuna ho trovato un bel gruppo, ho fatto amicizia con Bernabè che ha grandissime qualità, ma l’uomo decisivo è stato Buffon: parlava un ottimo francese, mi ha fatto sentire a casa. È come se fosse mio zio…”.
Quattro gol e quattro assist: a quanto arriverà a fine stagione?
“Non ho un numero preciso, nella mia testa vorrei fare ogni anno meglio del precedente. La sfida non è con gli altri, ma solo con me stesso. Conta soltanto rendere fieri i tifosi oltre le statistiche”.
Ci spiega bene l’origine di quella foto di lei bambino in nerazzurro.
“È la prima maglia che mamma ha comprato quando ho iniziato la scuola calcio. Mi ha convinto a indossarla dicendomi che era della squadra di Eto’o, il mio idolo. Forse era un segnale, chissà”.
Lo sa che un anno esatto domani (oggi, ndr) lei ha incontrato per la prima volta Pio Esposito?
“Italia-Francia Under 21 2–2, io e Pio entriamo dalla panchina. Qua abbiamo trovato subito un certo feeling perché siamo simili: teniamo gli occhi apertissimi, ma le orecchie chiuse. Osserviamo ogni dettaglio per migliorare, ma proviamo a non sentire cosa dicono di noi all’esterno. Mettendoci dentro anche Sucic, Bisseck, Luis Henrique e gli altri, siamo un bel gruppo di giovani affiatati in uno spogliatoio che si conosce da anni. È un’esperienza nuova e bella, un mondo da scoprire insieme”.
Pensa che le voci esterne siano esagerate per Pio?
“Quando giochi nell’Inter c’è più attenzione su tutti e qui in Italia ce n’è tantissima per lui: è giovane, ha grande potenzialità, nasce in questo settore giovanile, veste la maglia azzurra. Per lui la pressione è tanta, ma penso riesca a gestirla benissimo: non è cambiato, né a lui né a me piace fare i fenomeni”.
Le piace, invece, quando la chiamano… Angelo?
“Angelò. Ha iniziato mister Pecchia al Parma: quando giocavo male ero solo Bonny, quando andavo bene mi chiamava Yoan, ma non sapeva pronunciarlo. A volte diceva Jean, a volte Johan… Poi un giorno ha scoperto che nel nome c’era anche Ange e sono diventato Angelò per tutti. A voi piace italianizzare i nomi: Mkhitaryan è diventato Michele, Luis Henrique Gigi, ma poi perché mai? (ride, ndr)”.
E quella esultanza da pirata da dove nasce?
“Un gioco con gli amici della mia città, Tours, nel centro della Francia. Tutto nasce da un video su TikTok che ci aveva fatto ridere. Quando a Napoli ho segnato col Parma, è nata quell’esultanza: era una dedica, è diventata ormai un marchio”.
Lei è appassionato di musica e serie tv: cosa vede e ascolta adesso?
“Sto guardando Breaking Bad, ma è difficile finirla, è lunghissima… L’ultimo concerto visto è stato Drake, assieme a Marcus: veramente bello. Ma nelle orecchie prima di ogni partita ho sempre Everything in Its Right Place dei Radiohead. Può sembrare strano, ma mi rilassa e mi carica insieme: inizia piano, tranquillo, ma poi dentro c’è qualcosa di cattivo. Della Vanoni, invece, già sapete…”.
Ornella ci fa sapere di aver ricevuto la sua maglia e di volerla incontrare presto a Milano.
“Sono contento sia diventata interista: conoscerla, poter prendere un caffè o andare a cena insieme sarebbe un onore! La prima volta, quella voce magica l’ho sentita in una scena di Ocean’s 12: sembrava Edith Piaf, era così… francese”.
A proposito, per chiudere, dica una cosa che preferisce della Francia e una in cui è meglio l’Italia.
“Le boulangerie francesi sono le migliori, mi spiace, ma ammetto che avere il bidet in bagno come da voi è utile (ride, ndr)”.









































