Bologna, dopo 11 anni di gestione Saputo il bilancio è positivo in tutti i sensi. E Joey è diventato uno di noi | OneFootball

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·4 novembre 2025

Bologna, dopo 11 anni di gestione Saputo il bilancio è positivo in tutti i sensi. E Joey è diventato uno di noi

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Quando undici anni fa Joey Saputo rilevò il Bologna, in città si respirava insieme sollievo e diffidenza. Il club era reduce dal trauma della quarta retrocessione in Serie B e scorgeva all’orizzonte il concreto pericolo del fallimento. L’arrivo del magnate italo-canadese prometteva solidità economica e una nuova visione manageriale. Ma il suo accento d’oltreoceano, la vita in prevalenza a Montreal con la sua prima squadra e le poche apparizioni pubbliche lasciavano intendere un proprietario più finanziatore che protagonista.


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Nei primi anni, Joey era di fatto un presidente in smart working. Si mostrava raramente al Dall’Ara, lasciava spazio ai dirigenti e comunicava solo nei momenti simbolici (la promozione in A nel 2015, l’esonero di Delio Rossi, il coraggio di confermare Mihajlovic malgrado la malattia). In quei gesti c’era serietà, ma anche una certa distanza. Bologna lo rispettava, ma non lo sentiva ‘suo’. Poi, stagione dopo stagione, qualcosa è cambiato. Il duro faccia a faccia coi tifosi dopo lo 0-4 col Frosinone, l’arrivo di Sinisa nel gennaio 2019 e la drammatica battaglia del tecnico contro la leucemia hanno rappresentato un punto di svolta emotivo anche per Saputo. In quei mesi difficili, la figura del chairman si è fatta più umana: vicino alla squadra, presente negli spogliatoi, solidale con la sofferenza di un allenatore diventato un simbolo extra campo. È lì che, raccontano diversi collaboratori, Joey ha cominciato a ‘sentire’ Bologna, non più solo a gestirne la società calcistica.

Durante le annate successive, la svolta è diventata tangibile. Saputo ha aumentato la sua presenza in Italia, trascorrendo sempre più tempo a Casteldebole e partecipando in prima persona ai momenti chiave. Ha persino comprato casa in pieno centro, a pochi passi dalle Due Torri. L’arrivo di Giovanni Sartori nel 2022 come responsabile dell’area tecnica ha completato un’architettura societaria moderna: Fenucci alla governance, Sartori al mercato assieme al d.s. Marco Di Vaio, Saputo come garante del progetto. E la stagione 2023/24 è stata la consacrazione. Con Thiago Motta in panchina, il BFC ha conquistato la qualificazione alla Champions League dopo sessant’anni, chiudendo al quinto posto tramite una delle proposte calcistiche più belle d’Europa.

È stato proprio allora che il rapporto tra Saputo e la città ha compiuto la trasformazione definitiva. Lo si è visto nelle immagini del presidente che cantava e ballava sotto la curva dopo la vittoria sul campo del Napoli che ha materializzato, di fatto, il sogno europeo. Lo si è visto nelle lacrime, nei cori a lui dedicati, nella spontaneità ritrovata dei suoi sorrisi. «Questo è un risultato che appartiene a tutti – aveva detto in quell’occasione –, alla città, ai tifosi, a chi lavora ogni giorno per questo club. Io sono solo un uomo fortunato che può viverlo da vicino». Dietro a quelle parole c’era tutta la distanza colmata in un decennio, ma anche la fatica umana e comprensibile di un uomo non abituato a stare sotto i riflettori. Il presidente un tempo percepito come straniero è diventato parte del sentimento rossoblù. Non più un patron che osserva, ma un uomo che partecipa. Anche a Parma sotto il diluvio. Anche un giovedì sera a Bucarest, in mezzo ai tifosi in festa.

In undici anni di proprietà, Saputo ha investito oltre 250 milioni di euro tra capitale, infrastrutture e mercato, stabilizzando i conti e conducendo il club tra le prime realtà sostenibili del calcio italiano, come ha dimostrato il bilancio chiuso al 30 giugno 2025, il primo in attivo. Con lui, Claudio Fenucci è sempre rimasto la colonna discreta ma decisiva del suddetto percorso. È lui che ha tradotto la visione di Saputo in un modello gestionale stabile, ma soprattutto rispettato anche a livello istituzionale. Un equilibrio tra sensibilità nordamericana e concretezza emiliana che oggi fa scuola in Serie A e che sul campo, attraverso il lavoro di Vincenzo Italiano e del suo staff, ha consentito di riaprire la bacheca dei trofei dopo cinquantuno lunghi anni.

Così oggi Joey Saputo non è più il presidente che arriva col jet privato per senso del dovere. È un uomo che si commuove, che ascolta la curva, che conosce i volti dei dipendenti di Casteldebole e i bar del centro. Il suo legame con Bologna (di cui dal 10 settembre 2024 è cittadino onorario) è via via diventato autentico, ci piace pensare addirittura simbiotico. Undici anni dopo il suo sbarco, Saputo non è più «l’imprenditore canadese che ha salvato il Bologna», è il presidente che ha imparato a vivere la città. E che oggi, quando guarda il Dall’Ara, vede non solo un club da gestire, ma una casa da proteggere.

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