Calcionews24
·7 juillet 2025
Lazio, l’ex Gottardi si racconta: «Dagli inizi come giardiniere in Svizzera a Zeman, sempre correndo»

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·7 juillet 2025
Era il jolly per eccellenza, l’uomo delle coppe, il dodicesimo uomo che ogni tifoso della Lazio ricorda con affetto e gratitudine. Guerino Gottardi, nato a Berna da genitori italiani, è stato uno dei simboli di una delle squadre più forti di sempre, quella di Eriksson che a cavallo del nuovo millennio vinse tutto. Non era un fenomeno, come ammette lui stesso, ma la sua duttilità, la sua corsa instancabile e la sua capacità di essere decisivo quando chiamato in causa lo hanno reso un vero e proprio eroe di culto per il popolo biancoceleste. Dalle sue origini come giardiniere-calciatore in Svizzera all’arrivo a Roma, ha vissuto un’epopea indimenticabile, vincendo otto trofei. Oggi, da imprenditore immobiliare, si racconta in un’intervista a La Gazzetta dello Sport, ripercorrendo aneddoti, segreti e protagonisti di quella Lazio leggendaria.
LE ORIGINI IN SVIZZERA – «A Berna andò prima mia mamma, che curava la casa di un notaio, poi papà che ha cambiato tanti mestieri di tutto: prima ha lavorato nelle risaie, poi ha fatto il camionista, quindi il portinaio».
L’INIZIO COME CALCIATORE-GIARDINIERE – «Correvo, correvo. Si iscrissero i miei amici, dissi “vengo anch’io”. È cominciata così. Diplomato giardiniere paesaggista, lavoravo fino alle 13 come giardiniere e alle 16 andavo ad allenarmi. I miei genitori mi hanno insegnato che una base devi averla».
IL RAPPORTO CON LE COPPE – «Tutto quel che si poteva tranne la Champions. Giocavo più in coppa, non ho mai capito il perché. Era diventata quasi una barzelletta e allora dicevo che giocavo solo quando contava».
IL RICORDO DI ZEMAN – «Tutti e tre. Quante battute mi faceva Zeman se la sera uscivo. Ci pesavano il giorno dopo. E lui “Ma che ti sei mangiato le pietre, ieri sera?”. Sulla fase offensiva era bravissimo, su quella difensiva meno perché difendevamo a metà campo e lasciavamo troppo campo agli avversari».
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