Lazionews24
·24 décembre 2025
Luis Alberto si racconta dalle difficoltà alla rinascita con la Lazio: «Quando arrivai mancava poco alla fine del mercato, inizialmente fui presentato come ala destra. La svolta? Questo episodio!»

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·24 décembre 2025

Lunga intervvista ai microfoni di Fanpage.it per Luis Alberto, ex centrocampista offensivo della Lazio e oggi in forza all’Al Duhail in Qatar.
Il fantasista spagnolo ripercorre l’intero arco della sua carriera, soffermandosi in particolare sugli anni vissuti a Roma, sulle difficoltà iniziali, sulla crescita personale e sul rapporto con allenatori e dirigenza. Un racconto diretto, senza filtri, che restituisce il profilo di un calciatore sensibile, istintivo e profondamente legato alla sua esperienza in biancoceleste.
LAZIO – «Ricordo che ero a Liverpool, avevamo fatto il trasloco da La Coruña, dove avevo trascorso un anno. Ero con un compagno, Alberto Moreno e a un certo punto era arrivato il camion con tutte le cose. In quel momento stavo andando in macchina a casa di un mio amico quando mi ha chiamato il procuratore. Era l’ultimo giorno di mercato o mancava un giorno, dovevamo decidere velocemente perché era una questione di 24 ore».
E COSA ACCADDE? – «Gli dissi di aspettare cinque minuti, che sarei arrivato a casa del mio amico. Parlai anche con i suoi genitori, con cui ho un bellissimo rapporto. Chiamai mia moglie, parlai con un po’ di gente e in cinque minuti decidemmo che la cosa migliore per me era andare alla Lazio e provare questa esperienza. È stata una sorpresa, anche se mi prese un po’ alla sprovvista. Ricordo poi di aver preso l’aereo e di essere arrivato a Roma da Liverpool poi a Vienna. Il primo giorno ero un po’ con la testa persa, perché era successo tutto così velocemente».
DIFFICOLTA’ ALLA LAZIO – «In realtà ero stato presentato come esterno destro. Era tutto nuovo ed è stato tutto molto veloce. I primi quattro o cinque mesi sono stati devastanti per me, perché non capivo niente. È vero che non giocavo, ma poi è cambiato tutto, soprattutto la cosa più importante: la mia mentalità e il mio lavoro. Lì ho fatto vedere a Simone (Inzaghi ndr) che dovevo giocare».
RICORDI ALLA LAZIO – «È successo tutto così in fretta. Chiamai subito Patric perché avevo giocato con lui nel Barcellona B. È stato il primo a presentarmi a tutti. Poi è arrivato anche Lucas Biglia, che parlava la mia stessa lingua. Ricordo che ero seduto e mi disse: ‘Ma tu che ca**o fai qua?’. Io risposi: ‘Non lo so neanche io in questo momento’».
AMBIENTAMENTO – «C’era un bel gruppo, un allenatore nuovo ma simpatico, che sapeva come portare avanti un gruppo. È stato tutto molto facile».
CAMBIO TATTICO – «Quell’anno ho giocato pochissimo, forse le ultime tre o quattro partite. A gennaio avevo giocato due partite in sostituzione di uno squalificato e un altro giocatore convocato in Coppa d’Africa. Ma in generale a gennaio era cambiata la mia mentalità. Ne parlavo anche l’altro giorno con Igli: mi disse che quello era il giocatore che aveva preso, non quello di prima. Prima mi massacrava perché non stavo dando il 100%, ed era vero. Ho iniziato a lavorare anche con il mental coach e da quel momento ho sentito un rapporto diverso con lo staff, mi sentivo più dentro al gruppo».
SVOLTA – «Poi c’è stato il ritiro ad Auronzo, quando Inzaghi mi ha detto che quello sarebbe stato il mio ruolo. Ho giocato 90 minuti la finale contro la Juventus, vinta per 3-2, per poi disputare da titolare praticamente tutto l’anno. È stato un bel campionato, con tanti gol e assist».
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