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·28 ottobre 2022

Allarme doping in Africa, tra farmaci e false identità

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Allarme doping tra gli atleti africani. Come riporta il Corriere della Sera, dallo scorso 1° gennaio sono 23 i keniani sospesi per doping mentre 56 loro connazionali, 12 etiopi e altri 60 atleti di Nigeria, Marocco, Etiopia e ulteriori dieci nazioni africane stanno scontando una squalifica.

Gli ultimi ad aggiungersi alla lista sono stati Marius Kisperem, Philemon Kacheran e Justus Kimutai, le «lepri» che il 12 ottobre 2019 a Vienna aiutarono Eliud Kipchoge, che con il doping non ha nulla a che fare, ad abbattere il muro delle due ore in maratona. Un quarto, Alex Korio, era già stato sanzionato.


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Per l’Athletics Integrity Unit (Aiu) che esegue i controlli nell’atletica i quattro casi sono solo la punta di un iceberg. Fondisti e maratoneti africani associano ai prodotti classici (Epo e testosterone) le trasfusioni di sangue, l’acceleratore metabolico GW501516, la trimetazidina, l’ostarina, il meldonio lanciato dalla Sharapova, il letrozolo o il triamcinolone, un glucocorticoide che ha prodotto dieci casi in pochi mesi come quelli di Diana Kipyokei, vincitrice a Boston nel 2021, e di Betty Wilson Lempus, trionfatrice all’ultima mezza maratona di Parigi.

Per sfuggire ai test a sorpresa c’è chi fornisce indirizzi inesistenti. Per incastrare Mathew Kipkoech Kisorio, uno dei migliori atleti al mondo nella mezza maratona, gli ispettori di Aiu sono piombati quattro volte in dieci mesi a casa sua e dove il keniano diceva di allenarsi, ma lui era sempre altrove.

Ci sono poi casi grotteschi come quello del keniano Hillary Kiprotich. Squalificato nel 2017 per doping, Kiprotich ha corso recentemente alcune maratone internazionali sotto l’identità (femminile) di Shieys Chepkosgei. Non solo, dopo essere stato smascherato, si è discolpato presentando alla Corte penale di Eldoret un finto certificato di parto.

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