Calcionews24
·30 maggio 2025
Allegri Milan, il grande ritorno. Chi sono quelli che hanno fatto come lui? Nereo Rocco, Fabio Capello, Arrigo Sacchi: ecco com’è andata la seconda volta

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·30 maggio 2025
La notizia del ritorno di Massimiliano Allegri sulla panchina del Milan riaccende una dinamica ben nota nella storia del club rossonero: quella degli allenatori richiamati a distanza di tempo per tentare di replicare passati successi o raddrizzare stagioni complicate. Il Milan, nel corso dei suoi decenni gloriosi e anche in periodi più difficili, ha spesso guardato al passato nella scelta della guida tecnica, con esiti alterni che raccontano storie di trionfi rinnovati e di aspettative deluse. Esplorare queste esperienze offre uno spaccato interessante sulle logiche del calcio e sulla difficoltà di ricreare la magia.Uno dei nomi più emblematici in questo senso è quello di Nereo Rocco. “El Paròn”, figura leggendaria del calcio italiano, ha legato il suo nome al Milan in ben quattro distinti periodi. Il primo (1961-1963) fu subito trionfale, con la conquista dello Scudetto e della prima Coppa dei Campioni per un club italiano. Rocco, con il suo pragmatismo incisivo, amava ricordare ai suoi che «Per vincere bisogna prima non prenderle». Dopo un intervallo, Rocco tornò dal 1967 al 1972, arricchendo ulteriormente la bacheca rossonera con un altro Scudetto, due Coppe Italia, un’altra Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe e una Coppa Intercontinentale. La sua profonda conoscenza dell’ambiente e il legame viscerale con i colori rossoneri – «Qua al Milan mi son sempre sentito a casa mia» confessava spesso – lo videro richiamato ancora brevemente come direttore tecnico con funzioni di allenatore a metà anni ’70 e poi per un’ultima, fugace apparizione nel 1977, culminata con la vittoria di un’altra Coppa Italia. Le esperienze di Rocco post-primo ciclo, pur con importanti successi, dimostrano come ogni ritorno presenti sfide uniche, anche per una leggenda come lui.Un altro “grande ritorno” che ha segnato un’epoca è stato quello di Fabio Capello. Dopo un breve interregno da traghettatore nel 1987, “Don Fabio” prese le redini del Milan nel 1991, ereditando e perfezionando la macchina costruita da Arrigo Sacchi. Il suo primo ciclo fu straordinario: quattro Scudetti in cinque anni, tra cui quello degli “Invincibili” nel 1991-92, e la memorabile Champions League del 1994 vinta ad Atene contro il Barcellona, una partita che Capello definì «La perfezione, una squadra che ha giocato a memoria». Il suo mantra era chiaro, e non lo nascondeva: «A me interessa solo vincere, il resto sono chiacchiere». Dopo aver guidato il Real Madrid alla vittoria della Liga, Capello fu richiamato al Milan per la stagione 1997-1998. Le aspettative erano altissime, ma la seconda avventura fu decisamente meno fortunata. La squadra non riuscì a replicare i fasti del passato, concludendo il campionato con un deludente decimo posto. Questo episodio sottolinea come il contesto, la rosa a disposizione e l’evoluzione del calcio stesso possano rendere ardua la replica di precedenti exploit, anche per un tecnico vincente come Capello.
Anche Arrigo Sacchi, il “Profeta di Fusignano” che rivoluzionò il calcio italiano ed europeo con il suo Milan stellare tra il 1987 e il 1991 (uno Scudetto, due Coppe dei Campioni consecutive, due Supercoppe Europee e due Coppe Intercontinentali), visse l’esperienza del ritorno. Sacchi, il cui credo era «vincere, convincere e divertire attraverso il gioco collettivo», aveva lasciato un’impronta indelebile. Dopo aver guidato la Nazionale italiana alla finale del Mondiale 1994, Sacchi fu richiamato sulla panchina rossonera nel dicembre 1996, subentrando a Oscar Tabarez in una stagione difficile. Tuttavia, il Sacchi-bis non sortì gli effetti sperati. La squadra faticò a ritrovare l’identità e il gioco spumeggiante del primo ciclo, con lo stesso Sacchi che in seguito rifletté: «Forse non si può fare due volte un capolavoro». Terminò il campionato all’undicesimo posto. L’incantesimo sembrava essersi rotto, a dimostrazione che neppure le idee più rivoluzionarie possono garantire successo se non supportate dal giusto contesto e da interpreti adeguati.Meno altisonante, ma comunque significativo fu il caso di Ilario Castagner. Allenatore del Milan in Serie B nella stagione 1982-83, ottenne l’immediata promozione in Serie A. Fu confermato per la stagione successiva nella massima serie, ma venne esonerato nel marzo 1984. Venne poi richiamato per un breve periodo nel finale della stagione 1985-86, senza però lasciare un segno profondo come i suoi illustri colleghi. Sebbene non si tratti di un “ritorno” dopo un lungo periodo di successi altrove, la sua esperienza rientra nella logica di affidarsi a chi già conosce l’ambiente, soprattutto in momenti di transizione o difficoltà.Questi esempi storici, da Rocco a Capello e Sacchi, illustrano come la strada dei ritorni sia lastricata tanto di speranze quanto di insidie. L’aura dei successi passati può creare un’aspettativa quasi insostenibile, e le dinamiche del calcio, in continua evoluzione, rendono ogni nuova sfida profondamente diversa dalla precedente. Il fascino del “già noto” e la speranza di rivivere antiche glorie sono comprensibili, ma la storia del Milan insegna che non esistono formule magiche, e ogni ritorno è una scommessa il cui esito non è mai scontato.