BundesItalia
·12 ottobre 2019
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Un goal. Tanto è mancato all’Energie Cottbus nella stagione 2018-2019 per rimanere in 3. Liga, la categoria che i biancorossi avevano conquistato solo un anno prima, dominando il girone di Regionalliga. La retrocessione ha rischiato di diventare un punto di ritorno per un club, quello del capoluogo della Lusazia, zona della ex Germania Est non lontano dal confine polacco, che ha scritto alcune pagine storiche del calcio tedesco. I biancorossi, di cui è tifosa la cancelliera Angela Merkel, hanno infatti militato tra il 1973 e il 1991 per sei anni della DDR-Oberliga, la massima divisione della Repubblica Democratica Tedesca (miglior risultato un settimo posto nel 1990) e nella seconda metà degli Anni Novanta si sono anche affacciati pure nella Bundesliga della Germania riunificata.
Nel 1996/97 infatti i ragazzi guidati da Eduard Geyer, l’unico tecnico ad aver vinto una coppa nazionale da entrambi i lati del confine intertedesco, si erano arrampicati, secondo club di dilettanti nella storia, fino alla finale della DFB-Pokal, poi persa contro lo Stoccarda di Joachim Löw, riuscendo poco dopo a conquistare, dopo un combattutissimo doppio spareggio con l’Hannover, anche la promozione in 2. Bundesliga. Tre anni dopo, nel 2000, sempre con Geyer al timone, l’Energie, la cui rosa era composta per lo più da calciatori semisconosciuti provenienti dai Balcani o dall’Europa orientale, approda in Bundesliga. Ci rimarrà per sei stagioni, inframezzate da tre anni nel “purgatorio” della seconda serie e condite da qualche piccolo primato.
Il 6 aprile 2001 l’Energie Cottbus in un incontro contro il Wolfsburg è diventato il primo nella storia della Bundesliga a scendere in campo senza nessun giocatore tedesco e nella stagione 2007/08 i biancorossi si sono tolti la soddisfazione di strappare quattro punti su sei al Bayern Monaco, futuro campione di Germania, unico club in quell’annata a rimanere imbattuto contro i bavaresi.
Un exploit, coronato da una salvezza relativamente tranquilla, che rimane l’ultimo per la società della Lusazia. Al termine della stagione 2008/09 i biancorossi retrocedono in seconda divisione e da quel momento galleggiano tra 2. Bundesliga e 3. Liga, scivolando per la prima volta nella loro storia anche in quarta serie. Annate di alti e bassi, con delusioni come nel 2015/16 la retrocessione all’ultima giornata in Regionalliga e illusioni, come la stagione 2010/11 quando l’undici di Cottbus, trascinato dai gol del futuro bomber del Friburgo Nils Petersen, cresciuto proprio nel settore giovanile dei biancorossi, aveva creduto di poter risalire in Bundesliga.
Senza dimenticare qualche piccola soddisfazione, come le quattro vittorie consecutive nella Landespokal del Brandeburgo o il premio fair play attribuito dai giornalisti nel 2011 per l’atteggiamento dell’Energie durante un match con l’Osnabrück, in cui l’Energie Cottbus si era rifiutato di attaccare dopo l’infortunio di un avversario. Dieci anni in cui è successo di tutto e in cui sono rimasti due problemi.
Il primo è quello dei tifosi. Nonostante il pubblico dello “Stadion der Freundschaft” fosse considerato tra i più caldi di quella porzione di Germania e che il club abbia preso ampia posizione contro razzismo e intolleranza, gli ultras, soprattutto quelli del gruppo “Inferno Cottbus” sono diventati famosi per le loro posizioni antisemite e discriminatorie. E gli episodi non sono stati pochi. Già nel famoso spareggio del 1997 Addo e Asamoah, calciatori di origine africana, erano stati bersagliati da cori offensivi, poi a partire dal 2005 i fatti sono diventati più frequenti. Nel 2017, in occasione di una trasferta a Babelsberg, vicino a Berlino, gli ultras hanno fatto il saluto nazionalsocialista e hanno intonato cori come “Arbeit Macht Frei, Babelsberg 03”, utilizzando il motto che si trovava all’ingresso dei lager (“il lavoro rende liberi”) o dopo la promozione in 3. Liga nel 2018 alcuni tifosi si sono presentati con i costumi del Klux Klux Klan.
Il secondo problema, quello che ha rischiato di schiacciare il club anche nell’ultima estate, sono i conti, perennemente “in rosso”. Diminuiti considerevolmente, con la discesa agli inferi del calcio tedesco, gli introiti dei diritti TV, i biancorossi, che a giugno 2019 si sono visti rifiutare un aiuto economico da parte dell’amministrazione comunale di Cottbus, sono sempre finanziariamente sull’orlo del baratro.
A salvare l’Energie Cottbus nelle ultime stagioni sono state tanti gocce nel mare, come l’investitore anonimo che nel febbraio 2017 ha versato 500mila euro nelle classe del club, le percentuali sulle cessioni dirette o di giocatori formati nel club (per esempio per Maximilian Philipp sono arrivati 150mila euro), gli incassi del “Retterspiel”, l’amichevole estiva organizzata dal Borussia Dortmund e del primo turno di Coppa di Germania contro i campioni del Bayern, oltre alle cessione dei naming rights dello stadio, acquistati dalla Sparkasse Spree-Neisse fino alla fine della stagione 2019/2020.
E proprio l’impianto che ospita le sue gare casalinghe potrebbe essere la prossima questione dal risolvere per il club, che nella stagione attuale, a causa della retrocessione e di un numero considerevole di contratti in scadenza, ha dovuto rifondare completamente la rosa con 21 nuovi acquisti. Lo “Stadion der Freundschaft” infatti costa più di un milione di euro l’anno di manutenzione, molti per un club che lotta in Regionalliga. Qualcuno ha fatto intravedere la possibilità di traslocare. Un ennesimo colpo duro per una società che, nel suo piccolo, ha scritto pagine uniche del calcio tedesco.