Calcio e Finanza
·4 giugno 2025
Fabregas: «Credo molto nel progetto a lungo termine del Como: sono felice qui»

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·4 giugno 2025
Non solo Mirwan Suwarso, anche Cesc Fabregas sembra chiudere la porta all’ipotesi Inter. “Ho iniziato con questo club perché pensavo a un progetto a lungo termine. Non voglio finire la mia carriera in un club dove c’è un progetto per uno o due anni, e poi termina tutto. Credo molto nel progetto a lungo termine del Como, sono arrivato qui da giocatore e sono molto, molto felice perché qui posso lavorare nel modo che voglio”, ha spiegato il tecnico spagnolo, come riportato da Repubblica.
“Abbiamo gli stessi obiettivi e la stessa ambizione. Il presidente mi permette di lavorare come voglio, nel modo in cui vedo le cose. Fortunatamente condividiamo la stessa visione, lo stesso obiettivo, che è arrivare il più in alto possibile. Insieme siamo diventati davvero una buona squadra, in una piccola città, in un piccolo club — perché siamo ancora un piccolo club — ma con grandi, grandissime ambizioni per il futuro”, ha proseguito.
“Serve sempre un processo, che a Como puoi fare. Nei top team è molto difficile perché lì i club e i tifosi vogliono vincere subito. Certo, anche io penso a vincere. Ma anche, o forse soprattutto, a come voglio perdere. Non rinuncio mai ai miei principi. Se devo perdere, perdo con la mia idea, con il mio stile, con il mio modello, con le mie convinzioni. Odio — ed è successo — quando ho preso una decisione un po’ più difensiva, che non sentivo mia. Abbiamo perso quella partita, e sono tornato a casa distrutto. Mi sono detto: ‘Mai più, mai più’. Preferisco perdere 3-0, ma almeno ci abbiamo provato con le nostre idee, con la nostra identità, con chi siamo: Como, 1907. Questo è ciò che conta davvero”.
“Sia chiaro, ho la mentalità di vincere ogni giorno, in ogni sessione di allenamento. Abbiamo una squadra giovanissima, ma sono come spugne, mi seguono, credono nel progetto. All’inizio, la squadra aveva dei limiti rispetto alla mia filosofia e ho dovuto adattarmi. Ma pian piano siamo diventati grandi. Perché bisogna sempre essere i numeri uno. Arrivare secondi non serve”.
“Fondamentalmente siamo partiti da zero. Non c’era nemmeno un campo di allenamento. Non c’era nulla. Anche quando sono arrivato, due o tre anni fa, come giocatore, mi dicevano il lunedì sera: ‘Ehi, domani ci alleniamo qui’. Il martedì sera non cenavo con i miei figli, perché poi dicevano: ‘Ehi, mercoledì ci alleniamo lì’. Il cambiamento è stato enorme. E per questo motivo, direi che sì, stiamo migliorando come club. Abbiamo idee molto più chiare, e anche in campo, un’identità precisa”.
“Non credo molto ai dati, credo più all’istinto. I dati non dicono tutto, vedi gli errori o le reazioni emotive dei calciatori. Poi, si gioca a calcio, con libertà. Tutto ciò che facciamo in allenamento ha uno scopo. Non c’è un solo esercizio che non serva alla crescita. Sempre con una visione chiara di ciò che vogliamo fare. Un modello chiaro, uno schema chiaro. Questo è il mio Como”.