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·16 ottobre 2025
Fair play finanziario e sopravvivenza: come fanno i club di Serie B a restare a galla

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·16 ottobre 2025
Si sa che la Serie B non naviga nell’oro come la Serie A. Certo, c’è il paracadute per chi scende di lega, ma in generale i club che militano in B fanno davvero fatica a emergere. Vediamo a quanto ammontano i costi e i ricavi per farci un’idea più precisa della situazione.
La Serie B è un campionato dove i conti viaggiano sempre su un filo molto sottile e delicato. I club devono cercare di essere il più sostenibili possibile, devono spendere bene e devono rispettare i vari paletti che sono sempre più rigidi. Il calcio è un mercato in grande espansione, in tutte le sue declinazioni. Ci sono piattaforme come bet-brothers.it che si occupano di selezionare i siti di scommesse più affidabili per i tifosi. Però, lo sappiamo tutti che al centro dell’attenzione ci sono sempre i grandi club e i campionati importanti, le leghe minori tendono a restare fuori da questo ecosistema.
Partiamo dall’inizio, per iscriversi alla Serie B i club devono ottenere la Licenza Nazionale, devono rispettare i criteri legali, quelli economico-finanziari, quelli infrastrutturali e quelli sportivo-organizzativi. È scritto nero su bianco nei manuali FIGC, con la Co.Vi.So.C. che vigila sugli indicatori come i pagamenti, la continuità aziendale e il rispetto delle scadenze. Senza questa “patente”, niente campionato.
Sul piano europeo, il vecchio FFP è stato sostituito dalle regole di sostenibilità UEFA. Lo Squad Cost Ratio limita la spesa per gli ingaggi, per gli ammortamenti dei cartellini e per le commissioni rispetto ai ricavi:
Anche se la Serie B non è una competizione UEFA, questa metrica è diventata uno standard di buon senso per i club che vogliono crescere senza sforare. Quindi, in B sopravvive chi tiene il costo squadra allineato ai ricavi e dimostra solidità formale ai controlli FIGC.
La Serie B ha scelto una via originale nella ripartizione dei diritti TV. La fetta per i club non si basa solo sui risultati sportivi, ma premia chi investe sui giovani, sul settore giovanile e sulle infrastrutture.
Questo schema spinge le società a costruire valore sportivo e patrimoniale, mettendo al centro il minutaggio e la filiera dei giovani. Per chi deve far quadrare i conti, non è un dettaglio, porta ricavi ricorrenti e riduce la dipendenza dai risultati volatili.
Il bando 2024-27 ha consolidato l’offerta commerciale, con pacchetti e coesclusive, all’interno del quadro normativo AGCOM/AGCM. La conseguenza pratica per i club? Visibilità stabile e una base ricavi prevedibile su cui fare budget.
Chi retrocede dalla A riceve un paracadute dalla Lega Serie A. Per il 2024/25 la dote complessiva è stata di circa 60 milioni da dividere in tre fasce, con importi orientativi di 10, 15 e 25 milioni a seconda della storicità recente in A. Per le retrocesse appena arrivate in B questo flusso è ossigeno per gestire i contratti pesanti e per restare competitivi. Ma è un cuscinetto che si assottiglia rapidamente perché se non si torna subito su, l’inerzia dei costi rischia di affossare chiunque.
Nel 2025/26 il dato più evidente è che in B convivono delle strategie molto diverse: club leggeri e altri con payroll rilevanti. La parte alta della categoria può viaggiare attorno a 25-28 milioni di costo lordo annuo per la rosa, mentre la coda del campionato è molto più bassa. Questo divario incide sul mercato, sulla profondità della panchina e, inevitabilmente, sulla pressione a promuovere i giovani per incassare quella quota TV.
Le seconde divisioni europee, Italia compresa, restano strutturalmente in rosso. Nel 2025, i conti delle principali “Serie B” hanno subito perdite complessive superiori a 800 milioni. È un segno che il modello economico dei campionati cadetti è fragile e chiede delle scelte selettive sul monte ingaggi, sullo scouting e sulle plusvalenze.
Nel concreto, le società che stanno a galla in B tendono a fare alcune mosse ricorrenti:
A questo si sommano gli investimenti buoni che generano ritorni nei criteri FIGC: settore giovanile e infrastrutture, che ogni stagione pesano nella ripartizione delle risorse.
La verità, forse poco romantica ma concreta, è che in Serie B oggi vince chi riesce a unire il campo e il conto economico: investe dove il sistema lo premia, controlla le buste paga e conosce bene le regole. In un campionato dove l’errore amministrativo può costare più di un rigore sbagliato, l’equilibrio non è solo tattico, è soprattutto finanziario.