Calcio e Finanza
·7 settembre 2025
Il Fair Play Finanziario della Premier nel mirino delle critiche: ma le regole non cambiano

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·7 settembre 2025
Un “pasticcio”, “pieno di falle”, “inadatto allo scopo”: così diversi dirigenti di club di Premier League hanno definito le attuali Profitability and Sustainability Rules (PSR), il sistema di regolamentazione finanziaria che avrebbe dovuto garantire la sostenibilità economica del massimo campionato inglese. Nonostante critiche così aspre, riferisce The Times, i 20 club della lega hanno deciso di mantenere le regole per questa stagione e, con ogni probabilità, di prorogarle anche per il 2026/27.
Introdotte nel 2015/16, le PSR fissano un limite massimo di 105 milioni di sterline di perdite cumulabili in tre anni, escludendo dal calcolo alcune voci come investimenti in infrastrutture, settore giovanile e calcio femminile. L’obiettivo dichiarato era impedire derive di spesa eccessive, ma per diversi club le norme hanno finito per cristallizzare i rapporti di forza esistenti, limitando la competitività di chi non dispone di introiti commerciali elevati o proprietà particolarmente ricche.
Per i primi cinque anni il sistema è sembrato funzionare senza particolari scossoni. Negli ultimi tre, però, le penalizzazioni a Everton e Nottingham Forest hanno trasformato le PSR in un terreno di scontro acceso tra tifosi, club e media, diventando sinonimo di incertezza regolamentare e instabilità economica.
Secondo The Times, l’applicazione delle PSR ha portato alcuni club a ricorrere a soluzioni contabili “creative”. Il Chelsea ha fatto scuola, cedendo due hotel e la propria squadra femminile a società controllate dal medesimo gruppo per registrare profitti straordinari e migliorare i propri bilanci. Operazioni simili sono state realizzate anche da Everton e Aston Villa, che hanno venduto le rispettive squadre femminili a entità collegate per generare plusvalenze “interne”.
Queste pratiche non sono formalmente vietate dalle norme della Premier League — a differenza di quelle UEFA e della English Football League (EFL) — purché le transazioni siano a “fair market value”. Tuttavia, la mancanza di un sistema di valutazione univoco lascia spazio a interpretazioni, alimentando l’idea di un regolamento permeabile.
Un altro effetto collaterale è la crescente spinta a vendere calciatori cresciuti nel vivaio, che generano plusvalenze nette, e a costruire rose sovradimensionate per creare margini di guadagno attraverso cessioni pianificate.
A febbraio i club di Premier League hanno scelto di non introdurre due nuovi sistemi pensati per sostituire o affiancare le PSR. Il primo è la Squad Cost Rule (SCR), che avrebbe limitato la spesa complessiva per stipendi, trasferimenti e commissioni degli agenti al 85% dei ricavi. Il secondo è l’“anchoring”, che avrebbe fissato un tetto di spesa per i club di vertice a cinque volte l’ammontare percepito dalla squadra ultima in classifica tramite diritti TV e premi.
Queste due proposte saranno applicate in forma “ombra” per un’altra stagione, ma non avranno effetti vincolanti finché non saranno votate dai club. Al momento, però, mancano i consensi necessari, soprattutto tra le big: Manchester United e Manchester City si sono espressi apertamente contro, mentre la Professional Footballers’ Association ha già minacciato azioni legali ritenendo che l’“anchoring” possa limitare i salari dei calciatori.
Un ulteriore elemento di complessità è rappresentato dalle regole UEFA, decisamente più rigide: il tetto SCR europeo è fissato al 70% dei ricavi, le perdite consentite sono più basse e, soprattutto, è vietato contabilizzare come plusvalenze la vendita di asset a società correlate. Proprio questo ha portato Chelsea e Aston Villa a incorrere in violazioni a livello continentale, subendo restrizioni più severe sul mercato.
Con nove club inglesi qualificati alle competizioni europee, il sistema UEFA si sovrappone di fatto a quello domestico, rendendo più difficile per la Premier League imporre regole più leggere che rischierebbero di creare ulteriori disparità.
Sul fronte legale, pende una causa avviata dal Manchester City contro la Premier League relativa alle Associated Party Transaction (APT) rules, parte integrante delle PSR e delle future SCR. Queste regole mirano a impedire che club con proprietà collegate a entità statali o commerciali possano gonfiare i ricavi attraverso sponsorizzazioni “interne” a valori non di mercato. L’esito dell’arbitrato, atteso entro fine anno, potrebbe avere conseguenze dirompenti: se le APT rules venissero annullate, i sistemi PSR e SCR perderebbero gran parte della loro efficacia.
Nel frattempo, l’arrivo del regolatore indipendente del calcio inglese potrebbe introdurre un’ulteriore normativa, tra cui una misura di “liquidità” che richiederebbe ai club di garantire 12,5 milioni di sterline per prevenire future crisi finanziarie.
Image credit: Depositphotos
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