Calcio e Finanza
·6 giugno 2025
Inter, Marotta: «Chivu rappresenta il profilo adatto per i nostri obiettivi»

In partnership with
Yahoo sportsCalcio e Finanza
·6 giugno 2025
“Possiamo dire che l’allenatore dell’Inter sarà Chivu? Abbastanza”. Lo ha detto il presidente dell’Inter Giuseppe Marotta, intervenuto durante il Festival della Serie A nel panel “La sostenibilità economica dei club” con Banca IFIS, rispondendo sul tema del prossimo allenatore nerazzurro.
“Siccome nel calcio regna l’imprevedibilità, noi abbiamo assistito a una dichiarazione del nostro allenatore che ci ha detto di ritenere concluso il ciclo dell’Inter e di preferire un’esperienza alternativa. La vicinanza della finale ci ha portato a non toccare l’argomento prima della finale, ma anche Inzaghi questa decisione l’ha presa sicuramente il lunedì successivo alla sconfitta. Nessuna confusione, abbiamo semplicemente incassato una decisione che ci ha trovato parzialmente impreparati e automaticamente ci siamo mossi”.
“Abbiamo identificato un profilo come conseguenza di una linea precisa del management. Il profilo adatto era un allenatore giovane che si sposasse bene con la proprietà e mettesse in atto una valorizzazione del patrimonio giovanile, ma sempre con l’obbligo di tentare di arrivare a vincere con competenze e qualità. E noi abbiamo ritenuto che questo fosse Chivu, che rappresenta il profilo adatto per i nostri obiettivi. Una prova di coraggio e determinazione che ci può portare lontano. L’importante è che ci siano una proprietà forte e un programma definito.
“È rimasto l’amaro in bocca a tutti, interisti e tifosi italiani, per la nostra debacle. Essere arrivati secondi è motivo di orgoglio, la finale di Champions League è l’appuntamento più prestigioso al mondo a livello di club. La lettura deve essere questa, non esaminare solo 95 minuti. Lo dico con grande decisione, la nostra stagione non è conclusa perché ci prepariamo a un altro avvenimento unico: il Mondiale per Club negli Stati Uniti, con Inter e Juve come rappresentanti”.
“Il calcio è un fenomeno sociale e sportivo e rappresenta la prima palestra di vita. Io ho la fortuna di vivere in questo mondo da quando ho iniziato a lavorare e in 50 anni di attività ho vissuto tutto il cambiamento e l’evoluzione del mondo del calcio. Oggi siamo davanti al VAR, non puoi neanche esultare e le emozioni si incastrano. Prima le società erano semplici associazioni sportive, con a capo il mecenate del Paese per un debito di riconoscenza”.
“Quasi sempre non era un esperto di calcio, ma un appassionato. A fine anno passava dal ragioniere e diceva: quanto devo mettere? Poi le squadre sono diventate società di capitali. Oggi sono sorti profili diversi, che vengono non dal mondo del calcio ma da quello delle aziende. Il mecenatismo è scomparso, ma fortunatamente sono arrivate le proprietà straniere. Una società come Milano ha le due squadre di proprietà straniere, e meno male. Questo a dimostrare che il modello di calcio sostenibile passa da un modello di business. La base rimane quella della competenza. Sono stato bombardato da centinaia di migliaia di mail che mi suggerivano quale profilo di allenatore prendere, ma questo è il bello del calcio”, ha concluso.