Riserva di Lusso
·1 novembre 2022
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L’Argentina è un paese fantastico: il giusto mix tra l’esotico sudamerica e il calore dei costumi mediterranei. Come i mediterranei però, anche gli argentini hanno imparato a complicarsi le cose: pur restando ancorato ad alcuni crismi identitari, che lo rendono “speciale” per alcuni e arretrato per altri, il calcio soffre di contraddizioni e paradossi. Gli stessi che vedranno il Club Atletico Patronato partecipare alla Copa Libertadores 2023 dopo un trionfo storico in Copa Argentina pur dovendo disputare, a causa della retrocessione da “promedio“, il campionato di Primera B Nacional, la cadetteria argentina.
Siamo nella regione di Entre Rios, la casa madre delle coltivazioni di yerba mate che si estende dalle sponde dell’omonimo fiume Paranà sino alle rigogliose terre uruguaiane. Il Club Atlético Patronato de la Juventud Católica nasce dalla volontà di un presbitero, Bartolomé Grella, che nel febbraio 1914 diede vita ad un club calcistico che oggi lo omaggia con la denominazione del suo stadio. Oltre al sentimento d’appartenenza e al calore dei cittadini nei confronti della squadra, Paranà ha vissuto nell’ombra della vicina Rosario senza mai beneficiare dello status di città calcistica attribuito quasi per volere divino ai vicini più fortunati del fiume. 15 anni fa il club navigava tra gli amatori: nonostante una grande ascesa che nel 2015 portò i rossoneri alla prima storica promozione in Primera División, di loro i media argentini e sudamericani hanno sempre trattato in maniera marginale.
Il Patronato festeggia uno storico 3-0 contro il Boca Juniors. (Foto: Luciano Bisbal/Getty Images – One Football)
Anche quest’anno, a causa dei problemi legati ai pochi punti delle passate stagioni che ne mettevano in pericolo la salvezza, il racconto attorno al Patron sembrava pressoché identico a qualsiasi altra annata. Sino a quando la resilienza e la voglia di riscatto si sono unite per dar vita a qualcosa di unico. Era il 31 luglio 2022 e dopo una sfida persa contro il Barracas Central 2-1 (con due gol annullati in maniera dubbia a cui erano seguiti scontri tra i giocatori e la polizia) un uragano di intensità e carisma stese il Boca Juniors 3-0: fu la vittoria spartiacque, quella che in Argentina non cambia solo una stagione ma uno status. Quando l’Interior, termine affettivo con il quale si mettono in evidenza tutti i territori al di fuori della capitale Buenos Aires, sconfigge i porteños regalandosi una notte di gloria. Notte di gloria che sarebbe stata l’anticamera di una cavalcata trionfale in Copa Argentina e di un campionato estremamente positivo, culminato però con una retrocessione paradossale.
Negli anni della Scaloneta e della moda sudamericana diventata popolare anche da noi di etichettare una squadra con il nome del suo allenatore aggiungendoci il suffisso -eta, quasi fosse una “macchina perfetta”, i meriti dell’allenatore Facundo Sava nel cambiamento di mentalità della squadra sono palesi. Il 48enne di Ituzaingò, piccolo comune rurale nei pressi di Buenos Aires, ha sposato sin da subito la cultura di un piccolo club esaltando alla massima potenza tutti i mezzi – pochi, onestamente – che aveva a disposizione oltre alla sua rosa di calciatori.
Ringrazio tutti i membri di questo club, dai magazzinieri ai giardinieri sino alla mia rosa, perché mi hanno fatto svegliare ogni mattina con la voglia di venire ad allenare
Così confessava emozionato l’ex attaccante di Fulham e Celta Vigo tra le altre, nell’intervista successiva al trionfo in Copa Argentina di ieri notte. Allenato da un giovanissimo Unai Emery nel Lorca (in seconda divisione spagnola) e da Timoteo Griguol durante il suo periodo al Gimnasia La Plata, Sava ha pian piano sviluppato la sua carriera da allenatore seguendo i concetti appresi durante la carriera in campo: dal pragmatismo del primo alla capacità di esprimere valori umani del secondo, che considera un vero e proprio secondo padre e che in Argentina è reputato uno dei maestri di questo mestiere al pari dei “mondialisti” Carlos Bilardo e César Menotti.
Il deus ex machina di questa squadra, l’allenatore Facundo Sava. (Foto: Luciano Bisbal/Getty Images – One Football)
Sui generis anche la risposta data a proposito della principale virtù della squadra in questa stagione. Molti allenatori si soffermano sul carattere o sul gioco espresso, mentre Sava ha semplicemente affermato:
La cosa più importante è stato esprimere in ogni momento quello che sentivamo: dare spazio ai sentimenti, siano essi di dolore o allegria, dandosi il tempo di rifletterci per poi rimettersi a lavoro. Ci è servito per scaricare emozionalmente quello che avevamo dentro per poi dare il massimo.
Il gol di Tiago Banega, nato da un rimpallo fortuito a più di 20 metri dalla porta del Talleres, ha regalato l’1-0 valso la Copa Argentina alla prima squadra non affiliata alla AFA (la federazione argentina) nella storia. Per farlo, il Patronato ha sconfitto il River Plate ai quarti e il Boca Juniors in semifinale, diventando ufficialmente la prima squadra ad aver vinto la competizione dopo aver battuto i due giganti del paese.
Un vero e proprio Davide contro Golia se si analizza una rosa dall’età media di 26 anni i cui membri non avevano mai espresso il massimo delle loro potenzialità. Basti pensare che l’autore del gol Tiago Banega e il capocannoniere della competizione con 4 realizzazioni, il classe 1995 Marcelo Estigarribia, erano colleghi in cantiere fino a qualche anno fa:
Vivevamo a Pronunciamiento e lavoravamo la mattina come muratori nell’azienda dello zio di Tiago. A quei tempi i soldi non bastavano perciò ci allenavamo il pomeriggio. Incredibile come ora un suo gol ci porti in Copa Libertadores Marcelo Estigarribia, attaccante del Patronato
Risulta quindi evidente come Sava sia entrato emozionalmente nella testa dei giocatori, dandogli fiducia e spronandoli ad essere resilienti anche quando gli eventi sembravano remare contro. Alcuni tra i calciatori più giovani della rosa, il portiere Facundo Altamirano (1996, di proprietà del Banfield), il fantasista Justo Giani (1999, del Newell’s) e l’esterno Sebastián Medina (2000, del Deportivo Madryn), si sono sicuramente guadagnati l’occasione della vita, dovendo però ora tornare nei propri club formatori. Occhio in particolare al fantasista Giani, che ha alternato gol spettacolari e giocate qualitativamente interessanti, che di ritorno al Newell’s potrebbe fare la voce grossa coi Leprosos.
Cristian Tarragona, attaccante del Patronato nella stagione 2019-20, si dispera per un rigore sbagliato. (Foto: Rodrigo Valle/Getty Images – One Football)
Cosa ha permesso ad una squadra da 11 vittorie, 7 pareggi e 9 sconfitte, piazzatasi al 10^ posto in un campionato a girone unico di 28 squadre, di retrocedere? Il sistema del promedio, un coefficiente basato sui risultati delle ultime 3 stagioni di un club tra partite giocate e punti ottenuti. Lo stesso che retrocesse il River Plate nel 2011 e che nonostante le critiche ricevute, culminate sempre in una promessa di soppressione al momento vaga, resta al momento il meccanismo cardine per le promozioni e retrocessioni. Nonostante un bottino di 40 punti in questo campionato, 50 se si considera la classifica annuale del 2022, il Patronato viene penalizzato dai 37 del 2021 e dai 23 del 2020, ritrovandosi svantaggiato rispetto al Platense (neopromosso nel 2021 e quindi con calcolo maggiore rispetto alle partite giocate) e a un Godoy Cruz disastroso tre anni fa (18 punti) ma incredibilmente salvo grazie a due super annate da 46 e 51 punti.
La classifica del campionato argentino secondo il Promedio 2022. (Fonte: promedios.com.ar)
Come nel caso del Tigre di Nestor Gorosito, che nel 2019 si aggiudicò la Copa Argentina ai danni del Boca Juniors retrocedendo in campionato, anche il Patronato si troverà nella paradossale situazione di dover allestire una squadra capace di lottare in un infernale campionato di Primera B Nacional, composto da 37 squadre, pur provando a mostrare un bel viso da esordiente assoluto in Copa Libertadores. Sono questi gli atavici problemi di un calcio argentino capace comunque di regalare storie come questa. Qualora Sava dovesse restare al timone, i problemi di carattere e gioco sarebbero i meno preoccupanti, anche se la rosa odierna è composta prevalentemente da giocatori in prestito che sarà difficile trattenere. Per quelle che erano le premesse, la stagione del Patron può comunque rivelarsi positiva, grazie ad un primo titolo vinto in patria e alla possibilità di farsi conoscere in tutto il continente il prossimo anno. Perché sulle sponde del Paranà, da ieri, anche il Patronato ha scritto la storia.