Juventusnews24
·30 luglio 2025
Lippi rivela: «La maglia della Juve pesa tantissimo, Champions emozione più violenta del Mondiale. Vi racconto questo su Vialli»

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·30 luglio 2025
Marcello Lippi a Tuttosport ha ripercorso la sua storia alla Juventus, allenata dal 1994 al 1998 e poi dal 2001 al 2004.
ARRIVO ALLA JUVE – «In quel momento mi sentivo pronto per allenare questa grande squadra, avevo una grande voglia e, chissà, forse anche un po’ di presunzione, ma l’ho fatto con sicurezza e convinzione. La Juve era un po’ che non vinceva, abbiamo fatto i primi allenamenti e ho capito che le cose potevano funzionare».
SEGRETO DELLA JUVE – «Un misto di qualità, voglia di sacrificarsi e correre che era fantastico. I nostri attaccanti pressavano i difensori, i centrocampisti scalavano in avanti, i difensori anche, insomma alla fine quella Juve era sempre nella metà campo avversaria! A me non piacevano le squadre che, perso il pallone, ci mettevano un sacco di tempo a recuperarlo e si ripiegavano su se stesse. Così chiedevo a tutti di andare a recuperarlo appena perso. Ho cercato di dare equilibrio alle mie squadre e l’equilibrio si ottiene partecipando il più possibile alla fase offensiva e poi coinvolgere tutti anche nella fase difensiva. E, in fondo, dai… è andata abbastanza bene»
TORRICELLI – «Lui non era certo il più tecnico, ma in quella finale fu il migliore in campo. Significa che in quella Juve, con tanti fuoriclasse, contava tantissimo il cuore, il coraggio, lo spirito con cui si scendeva in campo».
PENSARE DI PERDERE UNA PARTITA – «Mai. Ma, in generale, non ho mai pensato nella mia vita che si poteva perdere una partita. Poi, logicamente, capita, ma io non pensavo mai, in nessun momento, questa la perdiamo».
CHAMPIONS – «La mia famiglia prima di tutto, poi la Coppa del Mondo sono le cose più belle della mia vita. Però quella Champions ha un gusto particolare, un senso particolare, perché è stata la prima, insomma la prima grande vittoria. Poi sono arrivate altre finali, scudetti, coppe Italia. E poi la Nazionale con il Mondiale a dieci anni di distanza da quella Champions, ma erano stati dieci anni vincenti, quindi alla fine Roma mi ha dato un’emozione più violenta di Berlino».
SVOLTA – «Il primo campionato con la Juve non era iniziato benissimo, poi dopo Foggia ci fu la svolta e iniziammo a vincere tutte le partite, perché feci un discorso alla squadra. Se sei un grande giocatore e vai in un grande squadra, allora devi vincere altrimenti la carriera perde di significato. Dopo un po’ che vincevamo, quando arrivavo all’allenamento dicevo: è bello vincere, vero? Vi piace vincere tutte le domeniche? Beh, se non volete perdere l’abitudine dipende solo da voi e da come vi allenate. C’era tanta fame e bisognava stimolarla sempre»
MAGLIA DELLA JUVE – «Quella maglia pesa tantissimo, più di ogni altra. E quella panchina ti mette sulle spalle responsabilità pesantissime, ma sapere di rappresentare la Juventus, una delle squadre più importanti del mondo, ti regala delle soddisfazioni enormi e ti dà una carica pazzesca».
VIALLI, RAVANELLI E DEL PIERO – «Mi fanno ancora effetto certi gol, certe emozioni. E poi con Vialli, Ravanelli e Del Piero avevo un rapporto particolare, non perché fossero più importanti degli altri, ma perché erano gli interpreti chiave di quella filosofia di gioco».
VIALLI – «Un punto di riferimento per tutti… Con Gianluca c’era un’intesa davvero forte, a volte simulavamo le litigate per tenere alta la tensione. Se lui si rendeva conto che il gruppo si stava un po’ distraendo, veniva da me e mi diceva: mister, oggi litighiamo un po’, così si svegliano»
NOTTE DI ROMA – «A Roma prima della partita ho detto loro: sono forti, ma non hanno mai incontrato una squadra come noi, che corre come noi e li pressa come noi. E poi… sapete, è una fortuna per un allenatore avere a disposizione degli uomini veri, uomini veri nel vero senso della parola».