Inter News 24
·9 ottobre 2025
Mkhitaryan alla Gazzetta dello Sport: «Con Chivu la mia esperienza resta fondamentale, i giovani sono il futuro»

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·9 ottobre 2025
Come preannunciato dalla prima pagina del quotidiano, c’è una lunga intervista a Henrikh Mkhitaryan, centrocampista armeno dell’Inter, tra le colonne della Gazzetta dello Sport. Al centro della vecchia Inter, ma fondamentale nel ruolo di guidata nella nuova targata Chivu, Mkhitaryan aveva portato esperienza europea ai nerazzurri e ad oggi, dopo l’annuncio della sua biografia, ha spiegato come nella sua nuova pagina in nerazzurro, ha ruolo ugualmente importante.
Dalla crescita dei giovani, alla lotta scudetto, l’armeno ha toccato diversi punti di quello che sarà il futuro dell’Inter.
CAMBIO GERARCHIE – «In realtà, per me non cambia niente: non misuro l’impegno con i minuti passati in campo. Continuo a lavorare e a lottare fino all’ultimo, in allenamento e in partita. So che non sto giocando con la vecchia continuità, ma capisco anche che, a quasi 37 anni, sia normale inserire dei giovani che sono il futuro del club. Per Sucic, che gioca spesso nel mio ruolo, sono solo felice: è forte, ha qualità e personalità, farà le fortune dell’Inter nei prossimi anni».
SUCIC – «Sucic è un Sucic. È serio come me, si applica e ama imparare, anche le lingue: sa che parlando l’italiano aiuterà ancora di più. Anche per questo avrà un grande futuro. Come centrocampista moderno, mi piace tantissimo: ha ottime qualità tecniche, fisicamente è forte e corre già moltissimo. Deve ancora crescere tatticamente, ma ha solo 21 anni…»
DIFFICOLTA’ AD USCIRE DALLA CONFORT ZONE – «Non lo è se pensi che cambiare faccia bene: io ne sono convinto. Se vuoi vincere, devi adattarti in fretta, accettare le scelte e le trasformazioni, non lamentarti, altrimenti finisci per distruggere l’equilibrio di squadra. Da noi, ad esempio, non lo fa nessuno e tutti sono aperti al cambiamento. Ho avuto tanti allenatori in carriera, di ogni tipo, e sono abituato ad adattare il mio modo di giocare. Nel calcio e nella vita vince chi sa mettersi in gioco».
CHIVU – «Anche se alcune cose si somigliano, il lavoro che facciamo con Chivu è diverso da quello con Inzaghi. A livello tattico è un gioco un po’ più verticale, cerchiamo di finalizzare l’azione il prima possibile, con maggiore aggressività, ma dipende anche dall’avversario: non sempre hai lo spazio. Devi capire quando e come farlo. Si tratta di dettagli, che poi sono quelli che fanno la differenza».
SCOPRIRE TARDI LA FORMAZIONE – «Non è qualcosa che deve piacere o non piacere: va accettato, basta. Capisco chi preferisca saperlo prima, per prepararsi mentalmente, ma devi essere pronto a prescindere. Anzi, sapere se giocherai solo alla fine ti aiuta a restare sul pezzo. Se invece pensi “tanto non parto titolare”, rischi di avere un atteggiamento negativo che danneggia te e la squadra».
RIVOLUZIONE CHIVU – «È presto, lavoriamo insieme da pochi mesi, ma mi piace molto la sua cura di ogni dettaglio. È molto meticoloso, dote dei grandi tecnici. Gli allenamenti con lui sono intensi e particolarmente divertenti. Confondono tutti, danno stimoli in più, ma sono anche decisamente duri. Ti tengono sempre concentrato, una sensazione che ti aiuta in campo. In generale, Chivu è stato bravo a farci voltare pagina mentalmente dopo la fine della stagione scorsa: il passato non si cambia, ma il futuro si può scrivere».
FIGURA PATERNA NEL CALCIO – «Ora che ne ho 36 anni, la differenza di età con molti tecnici è minima: con Chivu non ci può essere un rapporto padre/figlio, ma più da amico, o meglio da fratello maggiore. Sempre con rispetto perché lui resta l’allenatore e io il giocatore: il limite esiste, è sacro, non si può valicare».
CONSIGLI A BONNY E PIO – «Ho già detto loro in privato di essere… più egoisti. Gli attaccanti devono esserlo, vengono giudicati dai gol. Devono aiutare la squadra, come già fanno, ma alla fine si conteranno solo le loro reti. Continuo a ripetere: “Siete voi che dovete farci vincere!”. Li posso aiutare in certi dettagli tattici, ma spetta a loro lavorare e metterla dentro. Credetemi, hanno già un grande presente, ma il futuro sarà ancora più grande, anche perché sanno comportarsi ovunque».
PROBLEMA DELLA NUOVA GENERAZIONE – «Se guardi il cielo di notte, vedi tante stelle. Se ti concentri su una sola, non vedi più le altre. Accade lo stesso con il telefono: se guardi solo quello, non vedi cosa capita attorno a te. Per questo a me non piace che si usi troppo in spogliatoio o in palestra. Anche questo influisce sulla prestazione: poi in campo abbassi la testa, guardi solo il pallone e non vedi i compagni. Questa è una malattia per tanti ragazzi, va molto oltre il calcio».
PRESSIONE SU PIO – «Sì, troppa, e non mi piace. È un ragazzo di 20 anni con grande potenziale, ma gli serve il giusto tempo. Non bisogna esagerare con le aspettative, altrimenti lo si rovina. Ognuno deve fare il proprio percorso, con calma, e vedrete che presto l’Italia si godrà questo tesoro».
MODRIC NEL DERBY – «Non è un derby tra noi, è Inter-Milan. Modric, però, è un esempio per chi ama questo gioco e crede nel calcio. Ha fatto una carriera straordinaria e dimostra che con la mentalità giusta si può durare tantissimo: io penso che ne abbia ancora per 3-4 anni a livelli altissimi. Spinge ad andare avanti anche me: non parlo del mio contratto che scade, ma in generale io voglio giocare a pallone il più a lungo possibile. Tutto, però, a una condizione: che sia capace di dare ancora qualcosa alla mia squadra. Quando sentirò che non ho più la stessa forza, arrivederci a tutti e grazie».
INTER INSEGUITRICE – «È solo un gioco psicologico tra le squadre per togliere o mettere la pressione. Alla fine, tutti vogliono e possono vincere lo scudetto. Guardate la classifica: dopo 6 giornate ci sono 5-6 squadre lì in alto, qualcuna vuole per caso tirarsi fuori? Il Napoli lo ha vinto l’anno scorso, ma non possiamo negare di essere tra i favoriti pure noi: non sarà facile, ma daremo tutto per riprenderci il tricolore».
CICLO TRASFERTE – «No, due partite non bastano. Come non erano indicative le due sconfitte precedenti. È un percorso, posso solo dire che ci stiamo preparando per raccogliere i frutti. La crescita è evidente, non manca molto per completare il puzzle: solo piccoli dettagli da sistemare per fare definitivamente clic. Ma una squadra, come un giocatore, vivrà sempre qualche momento di basso e non solo alti. L’importante è restare uniti, come gruppo e come individui».
BEFFA NAPOLI, KO PSG – «Gli eventi negativi della vita non devono abbattere, ma rendere più forti. Bisogna pensare positivo, lavorare di più, migliorarsi. Ad esempio, nessuno deve credere in partenza che non avremo più la possibilità di giocarci una finale di Champions. Al contrario, devi volerci riprovare, avere più fame».
CONSIDERAZIONI MAI RICEVUTE – «Ognuno ha le proprie preferenze e io gioco solo per divertirmi, per amore del calcio, della vita e anche di me stesso. Se io sono soddisfatto, mi basta, e pazienza se gli altri non mi inseriscono nei primi dieci o nei primi cento. Certo che se fossi stato scarso, non avrei giocato nei club dove sono stato».
IN CHE LINGUA PENSA IN CAMPO – «Con quella del calcio, unica e universale. Le altre mi servono per tradurre qualcosa agli altri, anche nelle partitelle, perché voglio vincere pure quelle».
PAROLE DEL CUORE – «Dico semplicemente… vita. Life. Vie. In armeno kyank e in russo žiznʼ. La mia vita è nel calcio, è qui che sono felice, è qui che voglio stare ancora».
INGIOCABILI CROCE – «Sì, è stato un problema evidente, abbiamo perso punti perché, inconsciamente, pensavamo forse che ce l’avremmo fatta comunque. Anche su questo stiamo lavorando tutti insieme grazie all’allenatore: vogliamo evitare di cadere ancora in quell’errore. Però, resto dell’idea che, se ci alleniamo bene e ci sacrifichiamo, allora per l’Inter tutto diventa davvero possibile. Non è arroganza, ma voglia».