Nevio Scala: «Dissi no al Real Madrid, non mi sono mai pentito. Il Parma era la mia creatura, e io un sognatore… Rivendico con orgoglio la nascita del modulo del 3-5-2» | OneFootball

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·1 settembre 2025

Nevio Scala: «Dissi no al Real Madrid, non mi sono mai pentito. Il Parma era la mia creatura, e io un sognatore… Rivendico con orgoglio la nascita del modulo del 3-5-2»

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Nevio Scala tra retroscena e quello che fu il suo percorso in quel di Parma. Le parole

Un sognatore, un “contadino” che ha anteposto la parola data alla panchina più prestigiosa del mondo. Nevio Scala è l’uomo che, nell’inverno del 1991, disse “no” al Real Madrid per continuare la sua favola con il Parma, una creatura che aveva plasmato a sua immagine e somiglianza, portandola dalla provincia al tetto d’Europa. La notizia, all’epoca, fece il giro del mondo, pubblicata in prima pagina da La Gazzetta dello Sport: come si poteva rifiutare la corte dei Blancos? Oggi, a distanza di oltre trent’anni, l’artefice del “Parma dei miracoli” si racconta in una lunga e affascinante intervista allo stesso quotidiano, un viaggio che parte da quella scelta controcorrente e arriva a una lucida analisi sul calcio di oggi, con la saggezza di chi non ha mai avuto rimpianti.

IL RICORDO DI QUEI GIORNI – «E come posso dimenticarli? Però non ero per nulla agitato, come qualcuno può pensare. In cuor mio sapevo bene quello che stavo facendo, e ne ero pienamente convinto. Allenavo il Parma, che era al primo campionato di A. Squadra giovane, ragazzi di talento, un progetto che condividevo con la proprietà. Alla fine dell’andata eravamo secondi in classifica. Giocavamo un bel calcio, eravamo una provinciale, facevamo simpatia».


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IL NO AL REAL MADRID – «Perché ero un sognatore, e lo sono ancora. Avevo in mente di vincere qualcosa d’importante con il Parma, che consideravo una mia creatura. Non me la sentivo di lasciare i miei ragazzi. Eravamo una famiglia e un buon padre di famiglia non se ne va dall’oggi al domani. Alla lunga ho avuto ragione: quell’anno ci qualificammo per la Coppa Uefa, poi vincemmo la Coppa Italia, la Coppa delle Coppe a Wembley, la Supercoppa europea e la Coppa Uefa. Insomma, anche restando a Parma il mio nome fece il giro d’Europa».

MAI PENTITO DI QUELLA SCELTA – «Nemmeno per un istante. Anche se quello era il Real di Butragueño, di Hierro, di Sanchis. E non mi pentii nemmeno nel 1999 quando il Real Madrid mi contattò di nuovo. Io sono un contadino, un uomo pratico: ho bisogno di certezze e di stare in un ambiente familiare. Probabilmente al Bernabeu mi sarei sentito perso».

CHI HA INVENTATO IL 3-5-2 – «Io e il grande Osvaldo Bagnoli con il Genoa. Era la terza via del calcio: non si giocava a zona con i quattro in linea, non si giocava a uomo, ma si percorreva una strada nuova. Se quel modulo dura ancora oggi, vuol dire che era efficace, che ne dite?».

I SETTE ANNI A PARMA – «L’amore della città per una squadra che, con pazienza certosina, avevo costruito. C’era Minotti, il capitano, c’era Apolloni, c’era Zoratto, c’era Melli che aveva la testa calda, ma era una pasta di ragazzo e aveva un grandissimo talento. Se solo mi avesse ascoltato un po’ di più, avrebbe fatto una carriera incredibile. Aveva tutto: tecnica, fisico, era bravo in acrobazia, vedeva la porta. Però viveva secondo l’istinto, e non secondo la ragione: quello è stato il suo limite».

OGGI C’É UNA SQUADRA SIMILE AL SUO PARMA – «L’Atalanta di Gasperini mi ha entusiasmato. Squadra di provincia che ha saputo stupire in Italia e in Europa. Come abbiamo fatto noi. Però il mondo è cambiato, e anche il calcio. Se me lo chiede, le rispondo che mi piaceva di più il calcio di ieri, ma sono di parte. La verità è che bisogna saper vivere i cambiamenti e non avere rimpianti. Io non ne ho».

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