Nocerino si racconta: «A sette anni di solito si scrive a Babbo Natale, io invece scrissi a Padre Pio. Il mio unico rimpianto…» | OneFootball

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·26 ottobre 2025

Nocerino si racconta: «A sette anni di solito si scrive a Babbo Natale, io invece scrissi a Padre Pio. Il mio unico rimpianto…»

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Nocerino, ex centrocampista che ha vestito le maglie di Milan, Juve e Palermo, ha condiviso la sua storia a La Gazzetta dello Sport

Antonio Nocerino, ex centrocampista con un passato tra Milan, Juventus e Palermo, si è raccontato a La Gazzetta dello Sport, soffermandosi sul suo legame con la religione prima di aprire l’album dei ricordi della sua carriera. Le parole:

PAROLE «A sette anni di solito si scrive a Babbo Natale, io invece scrissi a Padre Pio. Mia madre mi portava spesso a Lourdes. Un giorno le chiesi se Padre Pio mi avrebbe fatto diventare un calciatore, lei rispose di scriverlo su un foglio. “Tu prega e insisti”. Il resto è storia. Mio figlio si chiama Francesco in onore di Francesco Forgione, Padre Pio. Sono andato dozzine di volte a Pietrelcina, la sua città. In carriera ho indossato spesso il 23, il giorno in cui è morto. E quando la Juve mi chiamò in A ero a San Giovanni Rotondo, al santuario. Era l’estate 2007. La mia vita sportiva è un giro di coincidenze»


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JUVE «Avevo 13 anni, mi allenava mio padre. Uno scout era ad Agnano per visionare un altro ragazzo e scovò me. Ero cicciotello, mi chiamavano “il panzerotto”, ma chiese subito chi fossi. Il bello è che prima dell’ultimo provino avevo dolori alla schiena e rischiai di non giocare. Mio padre mi convinse a farlo: segnai due goal in mezz’ora. Il giorno prima di partire, mia madre chiuse la porta e nascose le chiavi. Le dissi che sarei sceso dal balcone. Piangevo tutte le sere, c’era la nebbia e a noi del Sud ci trattavano male, ma non mollai. Alla Juve ho imparato disciplina e serietà. Poi mi volevano Napoli, Udinese e Fiorentina, ma Ranieri mi disse di giocarmela. Pensai: “Ma io che ci faccio qui? Porto le borracce…”. Mi sentivo fuori luogo. Ho sempre corso per i fenomeni, ma la mia forza è stata riconoscere le mie qualità. Non ero Pirlo, ma Nocerino: dovevo fare bene il mio»

MILAN «Vedevo Gattuso, Ambrosini, Van Bommel e gli altri e pensavo “ecco, mi mettono nel ripostiglio”. E invece… boom: 11 goal. L’approccio con Ibra fu devastante: mi rifilò un’ancata in partitella e volai. Ma i goal me li andavo a cercare. Zlatan era marcato da due giocatori, dietro di lui c’era una voragine. Io mi infilavo lì. La rete al Barcellona al Camp Nou con mio padre in tribuna il momento migliore. Racchiude da dove sono partito e dove sono arrivato, la sofferenza e le difficoltà. Quel cibo in tavola che ogni tanto mancava. Da Piazza del Plebiscito a quello stadio lì… Il momento peggiore? Il goal tolto a Muntari. Impossibile non vederlo. Avremmo vinto di nuovo lo Scudetto»

RIMPIANTI «Sì, tre: aver fatto parecchia panchina a Euro 2012, non aver giocato nel Napoli e aver perso la finale di Coppa Italia col Palermo, nel 2010. Vincere lì ha un sapore diverso. Anzi, sa cosa le dico? Appena può vada in Sicilia. Le cambia la vita».

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