Cagliarinews24
·15 novembre 2025
Pisacane: «Cagliari un capitolo fondamentale della mia vita. Ho già sfidato tre allenatori scudettati. E sulla squadra…»

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Sorpresa in questa prima parte di stagione per il nuovo Cagliari di Fabio Pisacane. Il tecnico, alla prima esperienza in Serie A, ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Il Corriere dello Sport, trattando diverse tematiche molto interessanti. Vi riportiamo di seguito alcuni estratti delle sue dichiarazioni:
GENOA – «Un tasto sentimentale, una partita particolare: all’ospedale San Paolo di Savona devo tutto, è dal Genoa che sono partito ed è a Marassi che ho giocato la mia centesima in A. È contro la Samp, a Genova, che ho guidato per la prima volta la Primavera del Cagliari da allenatore di ruolo. In quella città ho imparato tanto: i primi sogni, la forza del leone quando arrivai da una scuola calcio di Napoli, il dolore. C’è tanto dentro. Oggi la vivo con più equilibrio».
COSA SIGNIFICA CAGLIARI – «Raccontano il mio percorso. Napoli è la radice, ci sono nato e c’è la mia famiglia: lì ho imparato a lottare e a rialzarmi. A Genova sono rinato e mi sono strutturato. A Cagliari ho avuto la Serie A, una nuova identità e una serenità diversa che ogni giorno sento di onorare. Se posso restituire qualcosa a questi luoghi, lo faccio: la riconoscenza è fondamentale nella vita. Ricevi ciò che dai».
CAGLIARI – «Una responsabilità doppia. In undici giornate ho già sfidato tre allenatori scudettati: Conte, Sarri, Pioli. Mi mancano Allegri e Spalletti. E ogni volta non è un confronto con il loro nome, ma con il loro valore: sento di vivere un qualcosa che ho meritato, non è fortuna o casualità anche con soli due anni di Primavera alle spalle. Con i giovani è più complesso, credetemi: bisogna studiare le generazioni, il calcio è cambiato come la vita. È inevoluzione. Ma restano i valori, innanzitutto il rispetto».
INIZIO STAGIONE – «Il Cagliari è la terza più giovane per media d’età dei giocatori utilizzati, eppure abbiamo sbagliato solo la partita con il Sassuolo. Fiducia nei giovani, senza protezione eccessiva, e la guida di qualche “vecchio” giusto come Mina, Luperto, Deiola, Pavoletti. Non abbiamo ancora tirato fuori tutto il nostro potenziale tra infortuni e condizione, ma mica si può fare in tre mesi. Oltre la vittoria bisogna crescere ogni volta: l’obiettivo è questo».
GENOVA, NAPOLI, CAGLIARI – «Raccontano il mio percorso. Napoli è la radice, ci sono nato e c’è la mia famiglia: lì ho imparato a lottare e a rialzarmi. A Genova sono rinato e mi sono strutturato. A Cagliari ho avuto la Serie A, una nuova identità e una serenità diversa che ogni giorno sento di onorare. Se posso restituire qualcosa a questi luoghi, lo faccio: la riconoscenza è fondamentale nella vita. Ricevi ciò che dai»..
PISACANE ALLENATORE – «Maniacale nei dettagli, scrivo tutto su quaderni che colleziono. Uno per stagione. Prima delle partite mi isolo cinque minuti per ricordare a me stesso da dove vengo e per cosa combatto Mi fa sentire vivo. La nostra è una vocazione, siamo come i preti: bisogna ascoltare e accantonare l’ego. Io sono un empatico».
VECCHI E GIOVANI – «Ha prospettive importanti, ma il calcio è una fabbrica di illusi: ora è sulla bocca di tanti ma deve rimanere se stesso e lavorare più di quanto non stia facendo. La base fa ben sperare, ma deve farne di strada. Il Cagliari ha altri giovani importanti che devono ragionare come deve fare Marco: Obert viene dal settore, Idrissi dall’Academy, Prati ha talento. Davanti hanno un grande futuro».
CAPRILE – «Elia è un leader, ha talento e personalità. La meritava. È un grande lavoratore, molto attento i dettagli, arriva per primo e va via per ultimo. Deve continuare così. È un enorme piacere essere parte di questo suo percorso di crescita».
MINA – «È un giocatore simbolo per carisma e voglia di combattere. È brutto che sia stato messo alla gogna mediatica: in passato c’erano giocatori violenti sul serio, tra morsi, testate e interventi durissimi, e allora perché non dire che il nervosismo di Morata nasce dall’incrocio con un campione? Yerry vive una partita nella partita con mestiere ma senza violenza. Quello che sta accadendo con lui, oggi, è anche un’offesa al Var. Non vorrei che gli fosse impedito di giocare le sue partite come ha sempre fatto».









































