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·19 luglio 2021
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Il calcio negli Stati Uniti è in continuo sviluppo e le società italiane se ne sono accorte. Dal 1994 al 2018 solo sei giocatori statunitensi hanno calcato i campi italiani. Nell’ultimo triennio, invece, ne sono arrivati quattro: Novakovic, McKennie, Tessmann e Busio.
Per Gianluca Busio giocare in Italia vuol dire incrociare le proprie origini: il papà di Busio è nato a Brescia. Il classe 2002 è però a tutti gli effetti americano, avendo già esordito con la maglia della Nazionale maggiore.
Deep-lying playmaker. Regista profondo. E’ così che in UK e USA chiamano il vertice basso di centrocampo, il primo costruttore della manovra. Ed è proprio questo il ruolo che ricopre Busio in mezzo al campo. Si abbassa fra i centrali per liberarsi della marcatura, aiuta la costruzione dal basso anche spalle alla porta e ama dribblare in zone delicate della propria trequarti per rompere la pressione e partire palla al piede verso la porta avversaria. Destro naturale, distribuisce con diligenza anche con il piede mancino con il quale, però, non azzarda una delle sue giocate tipiche: il long pass, il lancio lungo.
Fisicamente non è Moussa Sissoko o Patrick Vieira, visti i suoi 170 centimetri. Nelle zone di campo che ricopre, però, insegna Jorginho, si può fare a meno di un fisico esagerato compensando con l’intuito e il senso della posizione in fase di non possesso per intercettare un buon numero di palloni (1,4 intercettazioni P90 nelle prime 12 apparizioni della nuova stagione di MLS).
Qualità non scontata per un vertice basso di centrocampo, ruolo in cui spesso si osservano costruzioni semplici e prevedibili, rallentando il ritmo della manovra e facilitando la difesa di posizione delle squadre avversarie.
Abile tecnicamente, spavaldo palla al piede e freddo, freddissimo sui calci piazzati. Non è un centrocampista che invade l’area di rigore come fa Frattesi – tanto per citare un altro nome nuovo della Serie A-, ma tra i gol realizzati con lo Sporting KC il più bello è sicuramente quello da calcio di punizione contro Houston: due passi sul posto, tre per avvicinarsi al pallone e un tiro di collo interno che bacia la zona alta del palo e si infila alle spalle del portiere. Un dolce, dolcissimo assaggio di ciò che è in grado di fare il classe 2002 su calcio piazzato. Con ogni probabilità, qualora Busio diventasse il perno del centrocampo del Venezia, sarà lui l’indiziato a battere tutte le palle inattive.
Nelle sue 70 apparizioni con lo Sporting KC ha realizzato 8 reti partendo da varie posizioni: mediano, interno di centrocampo, trequartista, esterno sinistro e, addirittura, falso nove. In Italia, campionato esigente dal punto di vista dell’applicazione tattica, lo vedremo presumibilmente nella zona centrale di centrocampo per sfruttare le sue qualità in regia. In un centrocampo a tre di una neopromossa come il Venezia può essere prezioso come mezzala di palleggio e di rifinitura, più vicino all’area avversaria e non alla propria per evitare di perdere palloni sanguinosi.
La MLS, campionato major di calcio negli USA non è la Serie A. Il livello è nettamente inferiore in ogni aspetto del gioco. Per questo motivo l’impatto di Busio con il campionato italiano potrebbe essere destabilizzante in un primo momento, soprattutto per la giovane età del ragazzo. Per le caratteristiche che ha mostrato al di là dell’oceano, Busio può far fatica ad adattarsi in tempi ristretti in un campionato come quello italiano in cui gli spazi in cui muoversi sono compressi per i piani tattici articolati degli allenatori.
La bravura di Paolo Zanetti, allenatore del Venezia, starà nella ricerca della posizione migliore per valorizzare le qualità di Busio, perché, dice Peter Vermes, suo ex-allenatore: “He’s nothing but positive”.
di Nicolas Cariglia