Zebina si racconta: «Calciopoli? Sento miei anche quei due campionati, li abbiamo vinti sul campo. Capello voleva portarmi al Real Madrid ma…». Ecco cosa ha detto | OneFootball

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·3 novembre 2025

Zebina si racconta: «Calciopoli? Sento miei anche quei due campionati, li abbiamo vinti sul campo. Capello voleva portarmi al Real Madrid ma…». Ecco cosa ha detto

Immagine dell'articolo:Zebina si racconta: «Calciopoli? Sento miei anche quei due campionati, li abbiamo vinti sul campo. Capello voleva portarmi al Real Madrid ma…». Ecco cosa ha detto

Zebina ha parlato della sua carriera in Italia L’importanza di Capello, la passione per l’arte e le polemiche con i tifosi. Cosa ha detto l’ex Juve

Una carriera vissuta intensamente in Italia, divisa tra grandi vittorie e momenti di tensione. Jonathan Zebina ha vestito maglie pesanti come quelle di Cagliari, Roma e Juventus, e si è fatto conoscere anche per una passione atipica per un calciatore, quella per l’arte. L’ex difensore francese ha raccontato questi e altri aneddoti in una lunga intervista concessa a La Gazzetta dello Sport.

Il racconto parte dal suo arrivo in Italia, quasi casuale. Zebina svela un retroscena sul presidente Cellino. L’accordo fu immediato e singolare. Un legame forte, tanto che Cellino gli dice sempre di esser stato la sua più grande scommessa.


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PAROLE – «Che scena con Cellino! Il presidente era venuto a Cannes per vedere un mio compagno, ma rimase colpito da me. Mi inseguì nel parcheggio e mi disse “ti offro questo, non una lira in più” e mi portò in Italia. Mi dice sempre che sono stato la sua più grande scommessa.

Il debutto fu contro Roberto Baggio, impossibile dimenticarlo, il primo assaggio del calcio italiano. Poi il passaggio alla Roma e un impatto shock.

PAROLE «Fu il primo assaggio di cosa era il calcio italiano. Per me era come essere catapultato in un mondo nuovo. Ricordo il primo mese, fu tutto molto strano. I tifosi ci contestarono a Trigoria dopo l’uscita dalla Coppa Italia. C’erano gli elicotteri, i furgoni della polizia, pattuglie ovunque. Scene da far west«.

Zebina Juve, il rapporto con Capello, l’arte e le accuse dei tifosi

Il filo conduttore della sua carriera italiana è Fabio Capello. È stato lui a darmi fiducia e insieme abbiamo vinto tanto tra Roma e Torino. Un legame così forte che Zebina doveva seguirlo anche al Real Madrid dopo Calciopoli.

PAROLE – «Sento miei anche quei due campionati, noi abbiamo vinto sul campo. Eravamo i più forti e lo abbiamo dimostrato dall’inizio alla fine. Assolutamente sì, gli devo tantissimo. È stato lui a darmi fiducia e insieme abbiamo vinto tanto tra Roma e Torino. E dovevo seguirlo anche al Real Madrid dopo Calciopoli: ci furono un paio di incontri, volevano me e Cannavaro. Presero solo Fabio».

Ma Capello non è stato solo un maestro di calcio. Mi invitò a una mostra, anche lui è un grandissimo appassionato. Così Zebina si è avvicinato all’arte, tanto da aprire una galleria d’arte a Milano dopo il ritiro.

Inevitabile un passaggio sulle polemiche, a partire dall’accusa di “tradimento” dei romanisti per il passaggio alla Juventus: Zebina non usa mezzi termini.

PAROLE – «È una cosa che ho sempre trovato ingiusta. Il mio ciclo in giallorosso era finito e scelsi di seguire Capello alla Juventus. Fino a un mese prima dovevo andarmene ed ero un brocco, poi improvvisamente sarei diventato un traditore?. Sì, perché non mi sono mai nascosto e ci ho sempre messo la faccia. Non andavo a cena con i capi della tifoseria o con i giornalisti. Ho pagato il fatto di essere un tipo solitario. A Roma giravano tante cose non vere sul mio conto. Si figuri, io in discoteca mi addormentavo…. Una delle tante cose scritte e mai verificate. Sono storie false, oggi avrei smentito con un comunicato sui social. All’epoca abbozzai. Ma non mi interessa parlare di queste cose. Chi mi conosce sa la verità, gli altri parlano a vanvera. A Roma fu molto doloroso, tornai a casa con un bozzo in testa. Credo che quello sia stato l’epilogo della mia storia in giallorosso».

Sulle scene evidenti di razzismo nei confronti dei calciatori, sul suo modo di essere e su come avrebbe voluto gestire la sua immagine con i mezzi di oggi a disposizione ha concluso sottolineando un concetto chiave sulla sua personalità

JONATHAN ZEBINA «Mentre giochi ti urlano di tutto, non siamo mai stati tutelati in nessun modo. E chi fa finta di niente è solo complice. Potessi tornare indietro gestirei meglio la mia immagine. Mi farei seguire di più, comunicherei in maniera diversa. Ma senza compromessi. Da solo sto proprio bene. A Roma andavo pure al cinema da solo. Anche le mostre, le ho sempre viste quando non c’è tanta gente. Mi hanno sempre detto che ero un po’ strano, atipico per essere un calciatore. Forse hanno pure ragione, ma pazienza…»

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