Bremer si racconta: «Spero di riportare la Juve a grandi traguardi. Ecco cosa mi sono detto dopo l’infortunio, nel momento del mio rientro avevo i brividi perché…» | OneFootball

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·30 de setembro de 2025

Bremer si racconta: «Spero di riportare la Juve a grandi traguardi. Ecco cosa mi sono detto dopo l’infortunio, nel momento del mio rientro avevo i brividi perché…»

Imagem do artigo:Bremer si racconta: «Spero di riportare la Juve a grandi traguardi. Ecco cosa mi sono detto dopo l’infortunio, nel momento del mio rientro avevo i brividi perché…»

Bremer, difensore della Juve, ha rilasciato queste dichiarazioni a O Globo raccontando la sua stagione, l’infortunio e il lungo recupero

A O Globo, il difensore della Juventus Gleison Bremer si è raccontato attraverso queste parole. Ecco cosa ha detto il brasiliano.

INFORTUNIO – «È stato un inizio di stagione in cui stavo davvero bene. Avevo giocato sette partite e la Juventus aveva subito solo un goal. Probabilmente sarebbe stata la mia migliore stagione. Ma, purtroppo, in Champions League, in una partita speciale per me ho subito il mio primo grave infortunio. Complicato perché non si trattava solo del legamento crociato, ma anche del menisco. Immediatamente ho capito che era qualcosa di serio, perché il ginocchio ha fatto uno scatto, un rumore strano. Ho pensato: “Amico, non ho mai sentito una cosa del genere”. La parte più brutta è stata quando il dottore mi ha detto che sarei dovuto rimanere fermo per nove mesi. Lì ho realizzato la situazione. Sono rimasto molto colpito. Ma mi sono anche detto: “Non c’è più nulla da fare. Ora bisogna concentrarsi per tornare il più presto possibile».


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IL POST INFORTUNIO«È davvero complicato, perché coinvolge tutto. Mi è cambiata la routine, non solo come calciatore, ma come persona. Nei primi due mesi non potevo appoggiare il piede a terra. Il menisco era stato suturato, quindi dovevo rimanere la maggior parte del tempo sdraiato e in casa mi muovevo solo con le stampelle. Di solito portavo mia figlia a scuola, andavo in bicicletta con lei, avevo una vita molto attiva. E tutto questo mi ha tolto autonomia. Avevo bisogno di mia moglie Déborah per ogni cosa. Io sono una persona a cui non piace dipendere dagli altri. Ma in quel momento ho dovuto dipendere molto da lei e dalle persone accanto a me. Penso mi sia servito anche come apprendimento. Certo, se avessi potuto scegliere, di sicuro non avrei voluto subire questo infortunio. Però, visto che è successo, voglio trarne un insegnamento positivo. Ho dato più attenzione ad altre cose al di fuori del calcio».

ALLENARSI DURANTE L’INFORTUNIO«Si sbaglia chi pensa che quando si è infortunati non ci si alleni. Io mi allenavo il doppio: la mattina al campo e il pomeriggio a casa con il mio preparatore atletico. Ma ho avuto anche più tempo da trascorrere con la famiglia. Nei fine settimana stavo con loro, viaggiavo, a volte, quando riuscivo. Dedicavo attenzione a cose che, nella frenesia delle partite, non riusciamo a vivere. È vedere tua figlia crescere giorno dopo giorno, nei dettagli. Mi sono detto: “Devo uscire da questo infortunio meglio di come stavo prima. Imparare qualcosa di nuovo”. Ho scritto un libro che era già in programma. Ho imparato a suonare la chitarra».

BRASILE – «Quando vivevo in Bahia ed ero piccolo, mio padre mi diceva sempre: “Vai a imparare a suonare la chitarra”. Io rispondevo: “No, voglio solo giocare a calcio. Più avanti, chissà”. È capitato che, purtroppo, mi sono infortunato e ho avuto quel tempo. È sempre stato un mio desiderio. Rimanevo affascinato dalle persone che riuscivano a fare quelle cose con le note. Così ho imparato. Mi piace molto la musica di lode, il pop, la musica tranquilla… Anche perché chi è alle prime armi deve cominciare in modo più semplice. Sono andato a Itapitanga subito dopo l’infortunio, per un paio di mesi, quando già potevo fare alcune cose. Ho una fattoria, Paraíso, lì e avevo bisogno di rilassarmi, uscire dal contesto del calcio. Tornare a essere quel Bremer degli inizi, senza tanta pressione. Sono andato nella fattoria, dove vivono i miei genitori, e ho dimenticato il calcio per un po’. Nel calcio, la nostra vita è molto frenetica. Io sono cresciuto nell’entroterra, fino ai 13 o 14 anni, quando sono uscito dalla Bahia. Mi piace stare a contatto con la natura, lì non c’è tutta quella pressione e quella gente. Sei tu con la natura e la famiglia, a vivere una vita tranquilla e serena. Io, mia moglie e mia figlia siamo stati in Egitto. Un’esperienza bellissima: siamo andati nel deserto, siamo rimasti due o tre giorni, abbiamo visto i cammelli e cose del genere. Normalmente non abbiamo tempo per farlo. Quando ne avevamo, andavamo in Brasile. Stavolta abbiamo voluto qualcosa di diverso. Ho sempre avuto il desiderio di conoscere il mondo e nuove culture. Ci sono ancora tanti posti, anche in Brasile, come la Foresta Amazzonica. E anche in Africa. Sono luoghi che vorrei visitare».

IL RIENTRO«Quando sono tornato per la prima partita, c’era molta ansia. Dopo tanto tempo, sembrava la mia prima partita da professionista. Un po’ di brividi, che è normale, ma me la sono cavata bene. Stiamo facendo una stagione solida. Per quanto riguarda il ginocchio, penso che sia un percorso. Non è ancora finito. Bisogna lavorare ogni giorno, mantenerlo sempre forte, fare attenzione al recupero, perché non sarà mai un ginocchio uguale a quello di prima. Certo, ora è più forte, ma servono alcune precauzioni che, se fossi sano, non avrei. Giocando ogni tre giorni, chiedi ancora di più al tuo corpo, quindi devi recuperare bene».

VICINANZA«In generale, tutti alla Juventus mi hanno accolto veramente bene. I tifosi e la dirigenza sono sempre stati al mio fianco. È stato un percorso che abbiamo fatto insieme. Mi hanno dato tutto il sostegno possibile. Abbiamo una delle migliori strutture d’Italia. Sono tornato bene, per fare ciò che amo di più. Sono uno dei giocatori con più anni di permanenza nel club e anche, per età, tra i più esperti, anche se non così vecchio. Mi sento felice per il percorso che ho fatto qui alla Juventus. Sto diventando uno dei leader della squadra. Spero di aiutare i compagni più giovani a seguire la strada giusta. Che possiamo tornare a vincere un titolo importante e riportare il club a grandi traguardi. Penso al Mondiale del 2026, sicuramente. So che devo stare bene alla Juventus, sia fisicamente che a livello di prestazioni. Credo che sia solo una questione di tempo. Basta che stia bene e sono certo di avere grandi possibilità di essere convocato di nuovo. Chissà, magari disputare ancora una Coppa del Mondo. Spero davvero di esserci. Quando si subisce un infortunio di questo tipo, si inizia ad avere più empatia verso gli altri. Non che prima non ne avessi, l’ho sempre avuta. Ma ora ancora di più. Sai cosa significa affrontare un infortunio così. Alcuni giocatori non tornano più gli stessi, e io capisco il perché. Serve un grandissimo lavoro mentale, perché è la mente che controlla tutto».

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