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·16 de setembro de 2024
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L’edizione odierna de “Il Corriere della Sera” ha analizzato l’evoluzione del nuovo Napoli di Antonio Conte.
Un anno e mezzo fa — sembra una vita — c’era Spalletti a calare il tris di successi, avviato verso lo scudetto, oggi c’è una squadra in buona parte modificata che va avanti seguendo un’altra direzione. Quella della gestione della sofferenza, della cattiveria e della concretezza, figlia di Conte che non ama chi si guarda allo specchio, a maggior ragione adesso che non sarebbe tutto un bel vedere. Il Napoli subisce l’aggressività e il pressing del Cagliari, sa di avere maggiore qualità dell’avversario, si aggrappa al suo portiere (Meret salva la gara contro il Parma e si ripete ieri, nonostante la febbre, alla Unipol Domus) e sfrutta l’esplosività del suo centravanti. Lukaku, braccato da Mina, quando sembra che non stia facendo nulla, copre, protegge palla, fa salire la squadra e serve assist. Rom fa il «big» anche a Napoli: è al secondo gol in due partite. Come una luce forte: manda in gol Di Lorenzo dopo un quarto d’ora di gara (il sinistro del capitano partenopeo incrocia fortunosamente la gamba di Mina e Scuffet è spiazzato), si ripete con Kvara nel momento più difficile della partita nel secondo tempo, non fallisce la sua di occasione a due passi da Scuffet. Nel recupero poi Buongiorno arrotonda a 4 il bottino con un colpo di testa. Già, quattro: troppi per quel che il Napoli ha fatto vedere («nell’intervallo ci siamo un po’ schiariti le idee sui duelli individuali», Conte è onesto) e troppi anche per il Cagliari che ci ha messo tutto: cuore, anima, coraggio e anche gioco.
Ora, magari, è più chiaro perché Antonio Conte ha puntato i piedi per avere Lukaku. Nel momento di maggior sofferenza, dentro una partita in cui il Napoli pur in vantaggio aveva la testa sott’acqua, Romelu ha sistemato le cose: l’assist magistrale per il raddoppio di Kvara ha cancellato la sofferenza, la rete del 3-0 ha reso limpida una vittoria che per lunghi minuti è stata in discussione per la reazione veemente del Cagliari. Ma alla fine contano i risultati e il Napoli ha centrato il terzo successo di fila, come non succedeva dai tempi d’oro di Spalletti e, in attesa dell’Udinese, è balzato in testa alla classifica. Conte sorride sornione, lo scudetto è il marchio della casa. Ne ha vinti tre alla Juve e uno all’Inter. La quarta giornata del campionato, dopo la sosta felice per la Nazionale, doveva essere una tappa intermedia, aspettando la Champions. E invece s’accende all’improvviso per la frenata dei campioni a Monza, due punti in altrettante trasferte, il segno che qualcosa non va. L’Inter, nonostante sia costretta a inseguire, resta favorita per esperienza, spessore e qualità, ma l’incertezza aumenta e sottovalutare quel diavolo di Conte sarebbe un errore grave. Juve-Napoli, sabato, chiarirà un bel po’ di cose. Antonio tornerà allo Stadium alla fine di una settimana di allenamenti mirati mentre Motta dovrà prima pensare al Psv perché comincia la nuova Champions e gli equilibri, fragili, di questa stagione ballerina, condizionata dall’Europeo, dall’Olimpiade e da un mercato infinito, potrebbero cambiare ancora. Intanto l’allenatore della neo capolista è il più felice della compagnia perché sfiderà la Juve guardandola dall’alto e perché in Sardegna il Napoli ha giocato da squadra. Restano le magagne. Tante, troppe conoscendolo. Contro il Parma ha vinto perché l’ingenuo Pecchia aveva finito i cambi e ha dovuto mandare in porta un giocatore di movimento, ieri ha sofferto oltre misura, salvato da una traversa e dai miracoli di Meret. Però è primo, il suo habitat: sa cosa vuole e come ottenerlo.
Carlo Gioia
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