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·17. November 2025
👏 Stankovic: “A 9 anni mi davano del raccomandato, ho dimostrato che si sbagliavano: ero e sono forte! Sogno la Champions con papà e mio fratello”

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Filip Stankovic, estremo difensore del Venezia, ha rilasciato un’intervista molto personale ai microfoni di Gianlucadimarzio.com:
“Il brivido della parata, l’essere l’unico a poter utilizzare anche le mani, il senso di responsabilità. Un senso che mi ha insegnato mio padre. Per tutti è Dejan Stankovic, per me è semplicemente… papà. Certo, il cognome che porto è importante e pesante. Lo è da sempre. Come quella volta che avevo 9 anni. Stavo giocando una partita, all’improvviso dietro la rete appare un genitore. “Sei un raccomandato, sei qui per tuo padre”. “Ma lui, un adulto, sta insultando me che sono solo un bambino. Com’è possibile?”. Ricordo di averlo guardato per un attimo. Ma sapevo di essere più forte di lui e delle sue parole: contava chi ero e chi volevo diventare. Dovevo diventare un calciatore, volevo diventare un calciatore”. “È il figlio di”. Questo velo di dubbi e cattiveria nei miei confronti mi ha accompagnato per anni. Ma vedete, non è stato un problema. Mi ha dato forza e voglia. Voglia di dimostrare che quel genitore e chiunque la pensasse così si sbagliava. Mi ha spinto ad andare oltre. Oltre il pregiudizio, oltre le parole e gli sguardi. Andare oltre per essere altro. Altro del solo “figlio di”. Io ero e sono forte. Io sono qui perché me lo sono conquistato e costruito. Con il sacrificio e il lavoro. Con le mie mani. Perché, alla fine, passa sempre tutto da loro Affrontare l’incertezza di qualcosa che non hai mai vissuto fa paura. Ma è anche nelle pieghe di quell’incertezza che ti conosci. Ti conosci un po’ di più. Fino allo scorso anno non avevo mai avuto un infortunio particolarmente grave. Era il momento più bello della mia vita. Tutto stava andando per il meglio. Avevo realizzato il mio sogno di giocare in Serie A. E stavo anche giocando bene. I miei unici pensieri erano la parata o la partita successiva. Poi quel giorno a Udine tutto si è fermato. Rinvio il pallone, sento qualcosa di strano, non mi era mai successo. Un dolore al ginocchio. Prendo a pugni il terreno, mi fa male. È stato uno shock. Sono uscito e tornato in spogliatoio. “Non ho niente, la prossima con la Roma la voglio giocare”, dicevo al telefono alla mia famiglia. Però avevo paura. Paura che potesse essere qualcosa di grave. Il giorno dopo ho fatto la risonanza: rottura parziale del tendine L’importante è continuare a testa alta e con un sorriso sincero sul volto, lavorando per quella passione che da sempre vive in lui. E magari un giorno arriverà a realizzare quel sogno: vincere la Champions con mio fratello Aleksandar e papà in panchina”.









































