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·26 settembre 2025

Gritti si racconta, la carriera da calciatore e l’intesa con Gasp: “A Roma ci stiamo abituando”

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Tullio Gritti, storico braccio destro di Gian Piero Gasperini, ha aperto il cassetto dei ricordi in una lunga intervista ai canali ufficiali della Roma. Un viaggio tra aneddoti di campo, sfide indimenticabili e il presente giallorosso, dove la coppia con il tecnico di Grugliasco si è già calata con entusiasmo.

“Ai giallorossi ho fatto tre gol e Tancredi è stato il portiere in Serie A a cui ho segnato di più. Ho sempre preferito la strada più comoda a livello personale: se avessi fatto altre scelte, forse qualche presenza in A in più l’avrei collezionata, ma non mi lamento. È andata bene così”.


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Stadio Flaminio, 25 marzo 1990, Roma-Verona. La ricorda?

“La ricordo eccome, perché perdemmo 5-2 e fino a quel momento non mi era mai capitato di subire così tanti gol in una sola partita. Lottavamo per la salvezza, ma a fine campionato retrocedemmo. Di quel giorno ho ancora in mente il calore del Flaminio e della tifoseria romanista”.

Quella fu anche l’ultima partita con un gol di Bruno Conti sul tabellino.

“Sì, Bruno segnò la prima rete, poi la Roma ne fece altri quattro. Noi accorciammo nel finale con Magrin e Pusceddu. Ricordo che indossai il mio numero canonico, il 9, quando le maglie andavano ancora dall’1 all’11”.

Lei ha vestito la maglia gialloblù pochi anni dopo lo storico scudetto del 1985. Solo cinque stagioni dopo, la B.

“Vero, ma l’ambiente non ci ha mai contestato. Capivano che davamo tutto, anche se il verdetto ci condannò. Verona è un posto ideale per fare calcio: città bellissima, tifoseria calda… una piccola Roma. Lì comprai casa. E a Torino, al Toro nel 1987-88, sono stato altrettanto bene. All’inizio non volevo lasciare Brescia, ma il presidente Baribbi mi convinse. E lì trovai anche due gol alla Roma”.

Entrambi a Tancredi.

“Esatto, uno all’andata all’Olimpico, l’altro al ritorno al Comunale. Ricordo che a Roma ci fu un duro scontro con Franco, ma la palla entrò comunque. Quell’anno restammo imbattuti contro i giallorossi: pareggio fuori casa e vittoria in casa. E quella Roma di Liedholm chiuse terza in classifica”.

Gasperini l’ha conosciuto sui campi o dopo?

“Ci ho giocato contro e gli ho fatto gol, quando era al Pescara. Ma il rapporto vero nasce al Genoa nel 2006: io ero già nello staff con Vavassori, poi Preziosi prese Gasp. Lui mi propose di entrare nel suo gruppo e da allora non ci siamo più lasciati, tranne la breve parentesi all’Inter”.

Qual è la peculiarità che il mister apprezza di più del suo lavoro?

“Stima e fiducia reciproca. Basta uno sguardo per capirci. Lavorare con lui ti arricchisce totalmente: è un visionario, vede prima quello che gli altri non colgono. Sa cosa disse Tuchel dell’Atalanta?”.

Racconti pure.

“Nel 2021, al Festival dello Sport di Trento, Tuchel raccontò che per preparare il quarto di Champions dell’anno del Covid guardò per giorni i nostri video. E continuava a chiedere ai suoi collaboratori: “Ma è vero che stanno facendo queste cose?” Più ci studiava, più si meravigliava”.

Alludeva alle marcature uomo su uomo?

“Non solo. E poi quella delle marcature a uomo è una barzelletta: non vedrai mai il nostro terzino destro correre dall’altra parte del campo per inseguire un avversario. Uomo su uomo sì, ma a zona. La forza di Gasp è stata quella di aggiornarsi sempre, mai restare fermo. Ha scritto la storia dell’Atalanta e del calcio italiano degli ultimi vent’anni. Non a caso tanti tecnici hanno ripreso i suoi concetti”.

E com’è stato passare da Bergamo a Roma?

“La differenza è imparare a muoversi in una realtà così grande… soprattutto col traffico! (ride, ndr). Ma ci stiamo abituando. Bello girare la città con il mister e sentire il calore dei tifosi. Stiamo lavorando bene”.

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