Inter News 24
·29 settembre 2025
Mourinho ammette: «Allenare l’Inter una fortuna, bellissimo vincere due Champions! All’inizio ero più egocentrico, ora…»

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·29 settembre 2025
Intervenuto ai microfoni di UEFA.com alla vigilia di Chelsea Benfica, l’ex tecnico dell’Inter José Mourinho ha parlato così di quella che sarà una partita dal sapore speciale per lui in Champions League.
GLI ANNI SENZA COMPETERE IN CHAMPIONS LEAGUE – «Questi anni in cui non ho partecipato alla Champions League non sono stati male, perché ho giocato le finali di Europa League e Conference League. Ovviamente la Champions League è la competizione più importante, con i club più forti d’Europa, e per me significa molto, perché se vincerne una è un sogno per tutti, vincerne due è ancora più bello. Ho avuto la fortuna di allenare grandi squadre come Real Madrid, Inter, Manchester United e Chelsea, ma lo è anche il Benfica. In questo senso, allenare un grande club comporta responsabilità e aspettative enormi, ma è il tipo di sfida di cui ho bisogno».
GLI ADDII A PORTO, INTER, UNITED E LE ALTRE – «Quando ho lasciato il Porto, la mia prima partita europea da allenatore del Chelsea è stata proprio contro il Porto; quando allenavo l’Inter, ho giocato infinite volte contro il Barcellona [dove ero stato viceallenatore]. Con il Fenerbahçe, ho giocato contro il Manchester United e il Benfica. A Stamford Bridge ho vinto tre Premier League, ho fatto la storia con il Chelsea. Il Chelsea appartiene alla mia storia e io alla sua, ma il calcio è così: loro vogliono vincere e voglio vincere anch’io. Mi renderò conto di dove sono prima della partita e anche dopo, ma durante la gara penso di avere la capacità di dimenticare e gareggiare».
COME SONO CAMBIATO – «Se un giorno proverò meno gioia quando mi sveglio presto la mattina per andare al lavoro, se proverò meno gioia per aver vinto una partita o meno tristezza per averla persa, sarà come vedere una luce rossa che si accende. Oggi sto meglio di prima. Penso che un allenatore sia migliore dopo aver vissuto molte esperienze. La differenza principale che vedo su di me è che forse all’inizio ero più egocentrico, ma sono cambiato in un modo che non saprei dire… Mi sento come se fossi più altruista, come se fossi nel calcio per aiutare gli altri anziché me stesso. Sono qui per aiutare i giocatori, più che per pensare a cosa accadrà nella mia vita. Penso di più al club e alla felicità dei tifosi che a me. Non ho mai pensato a me come a un genio. Come provocatore forse un po’, ma mai come a un diavolo. Certo, ho sempre avuto la sensazione di avere le doti naturali che poi ho sviluppato per essere un bravo allenatore, proprio come tanti grandi giocatori.
Ci sono state partite che ho sentito di aver vinto io, perché prima o durante la gara ci sono momenti, decisioni e strategie che cambiano tutto. Ti fa pensare “abbiamo vinto grazie a me”, ma non mi sono mai considerato un genio. Mi sono sempre sentito parte della squadra, ho sempre pensato che i giocatori fossero più importanti di me e che fossi lì per aiutarli».