Napoli, Conte ritrova il Bologna 43 giorni dopo: dal punto più basso alla rinascita del Napoli | OneFootball

Napoli, Conte ritrova il Bologna 43 giorni dopo: dal punto più basso alla rinascita del Napoli | OneFootball

In partnership with

Yahoo sports
Icon: gonfialarete.com

gonfialarete.com

·21 dicembre 2025

Napoli, Conte ritrova il Bologna 43 giorni dopo: dal punto più basso alla rinascita del Napoli

Immagine dell'articolo:Napoli, Conte ritrova il Bologna 43 giorni dopo: dal punto più basso alla rinascita del Napoli

La finale di Supercoppa chiude un cerchio iniziato al Dall’Ara: crisi, parole dure, cambio tattico e svolta tecnica. In mezzo, la vera nascita del Napoli di Conte

Napoli, Conte ritrova il Bologna 43 giorni dopo: dal punto più basso alla rinascita del Napoli

Napoli-Bologna non è soltanto una finale di Supercoppa Italiana. È il punto di arrivo di un percorso tortuoso, iniziato esattamente 43 giorni prima, quando al Dall’Ara il Napoli di Antonio Conte toccò probabilmente il momento più critico della sua stagione. A ricostruire quella traiettoria è il Corriere dello Sport, che individua proprio in Bologna-Napoli lo spartiacque emotivo, tattico e gestionale dell’era Conte.


OneFootball Video


Il Dall’Ara come simbolo della crisi

Il ko di Bologna non fu una semplice sconfitta. Fu una caduta rumorosa, accompagnata da parole pesanti e da segnali che fecero pensare a una frattura profonda. “Io morti non ne accompagno”, disse Conte nel post partita. Una frase che, in quel momento, sembrò il manifesto di un declino annunciato, più che uno scossone destinato a produrre effetti positivi.

Nei giorni successivi emersero indiscrezioni insistenti su tensioni interne, soprattutto legate ai metodi di allenamento. La decisione di Conte di allontanarsi temporaneamente, rifugiandosi a Torino durante la pausa delle Nazionali, venne letta come il segnale di una rottura imminente. In realtà, fu l’inizio di una riflessione profonda.

La pausa, la riflessione e il cambio di rotta

Quel momento di distanza fu decisivo. Al rientro, Conte cambiò pelle al suo Napoli. La partita contro l’Atalanta segnò l’inizio di una nuova fase: scelte forti, gerarchie riviste, un impianto tattico più funzionale alle caratteristiche della rosa.

Neres e Lang in campo, Politano inizialmente in panchina, un atteggiamento aggressivo e verticale. Il Napoli travolse l’Atalanta di Palladino, alla sua prima in panchina dopo Juric. Non fu solo una vittoria netta, ma una dichiarazione d’intenti. Da lì, il Napoli ricominciò a correre.

Un viaggio tattico lungo 43 giorni

Il Corriere dello Sport ricostruisce anche l’evoluzione tattica di Conte, che proprio contro il Bologna aveva vissuto tappe molto diverse della sua avventura azzurra.

All’andata, nella scorsa stagione, la prima vittoria di Conte da allenatore del Napoli arrivò proprio contro i rossoblù, con un 3-0 costruito su un 3-4-2-1 cucito addosso alla squadra, quando il 4-3-3 era ancora un’idea legata al mercato e McTominay non era nemmeno arrivato.

Al ritorno, e poi nella prima gara di questa stagione, sempre al Dall’Ara, il passaggio definitivo al 4-3-3 produsse prima un pareggio e poi quella sconfitta diventata la “gara della svolta”. Un percorso fatto di aggiustamenti, errori, nuove soluzioni e, infine, una nuova identità.

Da Bologna a Riyadh: il cerchio che si chiude

Oggi lo scenario è completamente diverso. Dal Dall’Ara semi-deserto a Riyadh, dal rumore della crisi al silenzio concentrato di una finale. Il Napoli arriva alla Supercoppa con maggiore equilibrio, fiducia ritrovata e la consapevolezza di aver superato il momento più complicato.

C’è anche un dato che rafforza la fiducia azzurra: Antonio Conte ha già disputato due finali di Supercoppa in carriera e le ha vinte entrambe. Un dettaglio che pesa, soprattutto in partite secche dove la gestione emotiva e mentale fa spesso la differenza.

Una finale che vale più di un trofeo

Napoli-Bologna non assegna solo una coppa. Rappresenta la verifica definitiva della rinascita del Napoli di Conte. Quarantatré giorni dopo il punto più basso, gli azzurri hanno l’occasione di dimostrare che quella crisi non era un preludio al crollo, ma l’inizio di una trasformazione.

Ora il cerchio è pronto a chiudersi. E farlo con un trofeo renderebbe quella frase, “Io morti non ne accompagno”, non il simbolo di un declino, ma l’atto di nascita di una rinascita.

Visualizza l' imprint del creator