Zenga ricorda ancora: «Orgoglioso di aver indossato i colori dell’Inter. Su Vialli vi dico questo» | OneFootball

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·28 novembre 2025

Zenga ricorda ancora: «Orgoglioso di aver indossato i colori dell’Inter. Su Vialli vi dico questo»

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Zenga, una vita tra i pali e un amore infinito per l’Inter: il racconto senza filtri dell’Uomo Ragno

Walter Zenga, simbolo intramontabile del calcio italiano e dell’Inter, si è raccontato in una lunga intervista a Rai Play nel format Una vita da campione. Un viaggio profondo nei ricordi di una carriera ricca di successi, cadute, rinascite e soprattutto di una passione viscerale: il calcio. La parola chiave, in ogni segmento del racconto, è proprio Zenga stesso, un personaggio che continua ad affascinare il pubblico per la sua autenticità e per la sua storia unica.

Zenga ha iniziato ricordando i primi passi nel mondo del calcio, influenzato dal padre, anche lui portiere. La sua formazione, però, non è stata priva di difficoltà: a Salerno, dopo un esordio complicato e il celebre episodio dell’uscita dal campo, Zenga capì davvero cosa volesse dire cadere per imparare. Anche l’esperienza alla Sambenedettese lo segnò profondamente: il tragico incendio del Ballarin rimane una ferita che Zenga non potrà mai dimenticare.


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Naturalmente, parlare di Zenga significa parlare dell’Inter. Il suo ricordo dell’arrivo in nerazzurro è tra i momenti più emozionanti dell’intervista: “Non potete capire cosa vuol dire essere interista”, ha detto, paragonando la sua storia a quella di un altro figlio del vivaio, Dimarco. Zenga ha rievocato la prima partita a San Siro come un’esperienza che gli ha cambiato la vita, una sensazione talmente intensa da volerla rivivere centinaia di volte. Per Zenga l’Inter non è solo un club, ma un legame identitario: “Cambi moglie, città, ma la squadra non la cambi”.

Zenga ha ricordato anche l’origine del soprannome Uomo Ragno, nato in modo ironico durante il periodo dell’esclusione dal Mondiale 1994. Allo stesso modo, ha rivissuto i momenti d’oro con l’Inter, come la finale contro il Salisburgo, e la cavalcata dello Scudetto con Trapattoni, nata paradossalmente da una sconfitta che fece scattare l’orgoglio del gruppo.

Quando gli viene chiesto perché Zenga non sia mai diventato allenatore dell’Inter, la risposta è lucida: “Non c’è stato il momento”. Zenga rivendica con orgoglio il proprio percorso, fatto di panchine importanti e di esperienze che lo hanno arricchito. E da allenatore, Zenga continua a ispirarsi a figure come Mourinho, definito un vero maestro.

Nel ricordo di Zenga trovano spazio anche gli amici scomparsi — Vialli, Mihajlovic, Brehme — e un pensiero speciale ai portieri italiani, da Buffon a Donnarumma, che Zenga considera eredi di una scuola che lui stesso ha contribuito a rendere leggendaria.

In ogni parola dell’intervista, un filo conduttore resta chiaro: Zenga non è solo un ex portiere, ma un’icona, un uomo che ha fatto del calcio una missione e dell’Inter una casa eterna.

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